sabato 2 febbraio 2008

"Gli appunti e i disappunti del milanese Stendhal"


"Stendhal, l'autore di capolavori come La Certosa di Parma e Il Rosso e il Nero, visse in realtà una vita ai margini. Lo scrittore che contribuì a cambiare il concetto di romanzo, tra i primi a intuirne la modernità nell'Europa del romanticismo, trascorse una seconda vita proprio tra le pagine dei volumi della sua sterminata biblioteca. Lettore attento e bibliofilo convinto ma distratto (molti dei suoi libri li lasciava in casa di amici, scrittori, intellettuali), sui volumi appuntava di tutto: dai rimandi e dalle suggestioni letterarie che quei testi gli evocavano a vere e proprie note di vita, massime e aforismi. E proprio dai 'marginalia', così vengono chiamati dagli appassionati stendhaliani gli appunti dello scrittore, il saggista Giuseppe Marcenaro ha avuto l'idea di curare Autobiografia del signor me stesso, edito da Il Melangolo e presentato ieri sera alla Sormani [Milano]. 'Un libro abusivo' l'ha chiamato lo stesso Marcenaro, 'che Stendhal probabilmente non immaginò mai'. Perché il testo raccoglie e ordina, per la prima volta in italiano e con inediti, proprio gli aforismi che Stendhal annotava sui libri. Henry Beyle di Grenoble, questo il vero nome di Stendhal, che fu anche console di Francia a Civitavecchia, fu un geniale grafomane sempre felice di perdersi tra appunti, disappunti, commenti, risentimenti, dolenti note in cui l'intellettuale 'parla' con il sé più intimo.

E proprio da questa Autobiografia del signor me stesso emerge anche il rapporto particolarissimo che lo scrittore francese ebbe con l'Italia e in particolar modo con Milano: tanto che sulla sua tomba, al cimitero parigino di Montmartre, volle che venisse scritto: 'Arrigo Beyle milanese, visse, scrisse, amò'. Nato il 23 gennaio 1786, dopo la caduta di Napoleone che aveva sempre appoggiato, deluso da una Francia che non lo riconosceva come scrittore, nel 1814 partì per l'Italia e si stabilì a Milano per sette anni. Grande viaggiatore soggiornò, anche se per brevi periodi, a Roma, Napoli, Firenze ma rimase sempre incantato dalla bellezza dei paesaggi lombardi tanto che già nel 1817 scrisse A Milano e sui laghi lombardi, decantando il Lago di Como come uno dei luoghi più belli del mondo. A Milano frequenta assiduamente la Scala, tempio della musica ma anche luogo d'incontro dell'intellighenzia milanese: i palchi si trasformano in salotti e Stendhal, apprezzando l'ammiccante sensualità delle signore alle prime scrive che 'l'unica vergogna per una donna milanese è di non avere amanti'. E lo scrittore ebbe un'amante proprio a Milano: Mathilde Dembowski. Peccato che la dama lo prese alla lettera a non gli fu certo fedelissima scatenando moltissimi pettegolezzi nella Milano dei salotti." (da Gian Paolo Serino, Gli appunti e i disappunti del milanese Stendhal, "La Repubblica", 01/02/'08)

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