sabato 2 febbraio 2008

"Quando Moccia diventa un modello per la scuola"


"Una volta ti portavano a vedere la Turandot o Madame Butterfly. Spettacolo mattutino con un tenore ai primi acuti e un soprano in disarmo, o viceversa: tanta noia, speziata appena da qualche guasconata in pullman, e poi di nuovo in classe. Ma almeno ti restava negli occhi la scena (solitamente) maestosa di un teatro lirico e nelle orecchie un po' di note messe in fila come si deve: germogli che, con gli anni, sarebbero sbocciati o appassiti irrimediabilmente. La scuola aveva assolto il suo compito: offrire una suggestione culturale accanto al lungo elenco di nozioni previsto dai programmi. Il resto dipendeva da te, soltanto da te. Adesso ti portano a vedere i film di (o da) Federico Moccia, lo scrittore dei 'lucchetti d'amore', il vate degli strazi sentimentali al tempo delle mele. L'andazzo ha preso il via l'anno scorso con la visione extra-scolastica di Tre metri sopra il cielo, tratto dal bestseller del Nostro, e prosegue in questi giorni con la sua opera prima da regista, intitolata Scusa ma ti chiamo amore, un melodrammone dove Raoul Bova perde le traveggole per una ragazzina. Dieci classi del liceo classico "Sannazzaro", che tradizionalmente forma i rampolli della classe dirigente napoletana, hanno assistito di recente alla proiezione della pellicola. E non hanno protestato come, invece hanno fatto gli studenti del "Giulio Cesare". Ma non è questo che conta. Al di là delle reazioni, infatti, bisogna chiedersi (quantomeno chiedersi ...) se valga la pena di cancellare ore di lezione in classe per un fotoromanzo da cinema. L'estrema speranza è che, una volta tornati in classe, non segua il dibattito. Perché la cultura, come la vita, è altrove. Certo non nei film di Moccia. Ma, purtroppo, nemmeno a scuola. Non più, ormai." (da Enzo D'Errico, Quando Moccia diventa un modello per la scuola, "Corriere della Sera", 02/02/'08)

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