lunedì 13 aprile 2020

Il rito delle cerimonie pubbliche per ridare dignità alle vittime del COVID-19

da Giovanni De Luna, Il rito delle cerimonie pubbliche per ridare dignità alle vittime del COVID-19, "LA STAMPA", 25/03/2020

"Cimitero di Ferrara; un lungo corteo di camion dell'esercito arriva da Bergamo con le salme di cinquanta morti da cremare ... A un cenno del sindaco i camion si fermano e partono le note del "Silenzio" fuori ordinanza; nessun nome viene pronunciato, i morti sono solo bare, oggetti inanimati. Poi il trombettiere attacca con l'Inno di Mameli. Le musiche, i camion, i soldati tutto lascia pensare a un funerale di guerra, con una spiccata connotazione militare. E i cinquanta morti si trovano ad essere involontari protagonisti di un rituale che - nonostante la buona volontà del sindaco- non appartiene certo alle loro vite e soprattutto non rende giustizia alle loro morti. Sono morti in solitudine. [...] Solitudine nella morte, solitudine nell'ultimo addio. Il funerale inscenato del sindaco di Ferrara li ha trasformati in caduti di guerra. Non lo erano. E avrebbero voluto morire in un altro modo. Quando tutto sarà finito dovremo ricordarci di tutto questo. La morte, con i riti che la accompagnano, è anche un'occasione per rinsaldare i legami sociali. Quelli familiari anzitutto. In cerimonie pubbliche come quelle inventate a Ferrara, con la cancellazione delle singole morti individuali e il loro precipitare in una anonima dimensione pubblica, entrano in crisi elementi decisivi per l'elaborazione del lutto. Anche dopo la morte, infatti, la personalità del defunto rimane simbolicamente viva, coagulando intorno al suo ricordo tensioni emotive a volte difficili da gestire: i riti religiosi, con la carica evocativa dei loro gesti e delle loro parole, intervengono efficacemente per sciogliere queste tensioni grazie a pratiche consolidatesi in tradizioni millenarie (pianti, grida, discorsi, liturgie, musiche) e costruite come altrettante barriere protettive contro la violenza delle emozioni. I processi di elaborazione del lutto, l'acquisizione della consapevolezza del legame interrotto, la riformulazione delle relazioni sociali nei confronti di una persona che continua a esistere nel ricordo dei viventi: tutto questo è stato brutalmente lacerato dalle morti di massa scatenate dal corona virus. Siamo quindi debitori verso chi è morto in questi giorni e verso le loro famiglie; dobbiamo a ognuno di essi quello di cui sono stati privati. Dovremo inventarci cerimonie pubbliche che rimettano al centro le loro singole individualità, un ricordo che gli restituisca una presenza significativa anche nelle nostre vite: serve a loro per ritrovare la dignità negatagli e serve a noi per poter elaborare un lutto di cui oggi non siamo ancora pienamente consapevoli."

Giovanni De Luna su IBS

Nessun commento: