sabato 7 maggio 2011

Immortale è Agostino non l'e-book


"«Guru del libro, maître à compter, eminenza grigia del settore, osservatore imparziale, l’imbattibile», le definizioni abbondano. Quale le appartiene di più? «Tutte esagerate. Le prendo come un sincero apprezzamento del lavoro fatto in lunghi anni».
Schivo quanto popolare anche in Europa, cultore dell’understatement ma presente ovunque si tratti, seriamente, di libri, Giuliano Vigini è da tempo considerato il massimo esperto di editoria nel nostro Paese. Ha fondato nel 1974 e diretto per quasi 35 anni l’Editrice Bibliografica, prima sigla dedicata alle «professioni del libro» e cofondatrice negli Anni 90 del primo portale per l’acquisto dei libri on line, particolarmente interessato alla bookeconomia, mai rassegnato allo «scandalo» delle nostre biblioteche per le quali si impegna, in prima linea, a tentare di capovolgere il dolente destino; ha collaborato per lunghi anni con il ministero per i Beni e le attività culturali, ora insegna sociologia dell’editoria contemporanea
all’Università Cattolica di Milano, fa parte del Consiglio direttivo del Master in professione editoria e del Comitato editoriale della casa editrice Vita e Pensiero, è presidente del Premio «Alassio - Un editore per l’Europa». L’altro suo polo di eccellenza sono gli studi sul cattolicesimo, come credente capace di posizioni libere. Punti forti la Bibbia (nella sola serie della «Bibbia Paoline» sono già usciti 24 volumi), opera immane continuamente «in progress» e Sant’Agostino,
una sorta di sua personale «avventura della grazia e della carità».
Al Lingotto, sabato 14, lei introdurrà il Convegno «La lettura nomade. Mercato
del libro e pratiche del leggere nella società "fluida"». Zygmunt Bauman docet?
«Il Convegno vuol dibattere un grande tema d’attualità: ossia quali potranno essere gli influssi della rivoluzione digitale, dell’avvento degli e-book e dei loro dispositivi di lettura sul mercato. Ma, al tempo stesso, quanto incideranno le mutazioni dei ritmi e della qualità della vita sull’ecosistema di cui la lettura ha bisogno per attecchire e svilupparsi. In una parola, una tecnologia invadente e una società ogni giorno più fluida, nel senso di evanescente, mobile, precaria, come trasformeranno il nostro tempo e il nostro modo di leggere?».
Intanto gli italiani sono ormai pazzi per l’ebook. O no? «Per il momento un’avidità contenuta. La “quarta rivoluzione” è appena cominciata, qualcuno direbbe anche con troppa enfasi, ma si affermerà. Comunque, anche tenendo conto della rapidissima evoluzione tecnologica (che genera sempre curiosità, specie nei «nativi digitali») ritengo che le previsioni di mercato debbano essere prudenti. Nel 2014, secondo le mie stime, l’incidenza dell’ebook sul totale del fatturato dell’editoria italiana dovrebbe essere intorno al 4,6%. Bisogna quindi aspettare prima che l’ebook diventi un vero e proprio mercato parallelo a quello del libro di carta».
I lettori invece sempre più interessati al libro di argomento religioso, al quale Vigini stesso continua a dare preziosi contributi. Come è possibile questo successo in un paese sempre più laico e, all’apparenza, distratto? «L’offerta religiosa si è moltiplicata e diversificata in questi anni, cercando di andare incontro a una domanda che è cresciuta anche tra coloro che non credono o sono critici nei confronti del cattolicesimo in genere e della Chiesa in particolare. Le tematiche del dibattito storico, i problemi di ordine sociale ed etico, i nuovi orizzonti di dialogo aperti dal "cortile dei gentili" hanno suscitato vivo interesse. Un segnale che l’editoria religiosa sta attraversando una fase positiva lo si desume anche dal fatto che gli stessi editori laici (da Mondadori al Mulino, da Lindau a Carocci) si stanno molto impegnando nella saggistica di argomento religioso, ottenendo buoni risultati».
Però l’editoria religiosa è rimasta fuori dalle scelte del Salone legate alla Mostra del 150°. Ne è nata una polemica, che ne pensa? «Penso che dopo le polemiche si
sia potuto rimediare, almeno per cenni. Dimenticare editori che hanno contribuito a fare l’editoria italiana, non solo religiosa sarebbe stato un peccato».
Sant’Agostino: saggi, traduzioni, antologie, soprattutto i 5 volumi delle Confessioni. Quasi un innamoramento. Seguito e apprezzato anche negli ambienti vaticani. «Mi pare che la parola "innamoramento" sia giusta. Accade che, per motivi diversi, si senta una particolare attrazione per un autore e non lo si abbandoni più. A me è capitato verso i diciotto anni con sant’Agostino: mi avevano colpito alcune pagine delle Confessioni (la morte del carissimo amico, la figura della madre, le riflessioni sulla memoria e il tempo),
ma soprattutto la vita turbolenta di questo giovane che alla fine trova la sua strada. Da allora, ho cominciato a leggerlo e a studiarlo con passione.
Più tardi, ho cominciato anche a scrivere su di lui e mi piace ricordare in modo speciale la prima biografia (1988), più volte ristampata, con la prefazione dell’allora card. Ratzinger».
Un «incontro» che prosegue anche con Benedetto XVI. E’ diventata un’amicizia? «Proprio no, non esageriamo. Sono io che lo sento, da un punto di vista intellettuale, spirituale e umano, come maestro e guida: l’ha potuto notare chi in queste settimane ha letto il mio Benedetto XVI. E non c’è dubbio che l’impronta agostiniana che attraversa tutto il suo pensiero me lo renda ancora più vicino».
Una passione per la lettura, dai classici antichi fino al naturalismo francese e molto oltre. La sua formazione? I libri fondamentali? «Come per tutti, a partire da Cuore, Pinocchio, I ragazzi della via Pal. La vera passione credo sia cominciata con le letture che da ragazzo mi faceva mio padre degli scrittori russi (amava modo particolare Gorkij, Dostoevskij, Turgenev).
Sono stato poi un lettore onnivoro della letteratura inglese e americana, prima di passare ai francesi, uno dei miei campi di studio, in specie il secondo ’800 e il ’900. Difficile scegliere. A costo di apparire banale, direi però che la Divina
commedia
, I promessi sposi, Le confessioni, I pensieri di Pascal, I miserabili di Hugo, le Massime di La Rochefoucauld, le Memorie di Adriano della Yourcenar sono stati per me
dei libri rivelatori. Oltre al ricco filone degli scrittori cattolici francesi, ce ne sono altri meno "ortodossi" che, soprattutto per la scrittura, ho coltivato in gioventù: penso, ad esempio, a Maupassant, a Gide o Anatole France. Fedele al principio di san Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi: "Vagliate
ogni cosa e tenete ciò che è buono"».
Docente universitario, quali testi, oltre ai libri di studio consiglia ad un giovane? «Cominciare sempre dai classici, quelli che ci spalancano di più il futuro. Anche del Novecento italiano, naturalmente. Penso che Calvino, Buzzati, la Morante, Primo Levi, il Cristo di Carlo Levi facciano parte del bagaglio, non solo letterario, da portarsi sempre dietro».
Le giornate di lavoro di Vigini, una leggenda. Ne racconta una? «Quasi tutte identiche, sempre in mezzo ai libri scandite dai tempi dei libri da leggere e di
quelli da scrivere. Ho passato metà della mia vita con loro (e con le sinfonie di Beethoven che mi danno la carica). Non so se le mie giornate siano diventate una leggenda per il fatto che mi alzo normalmente alle 5 (qualche volta involontariamente anche prima, il che, come dice mia moglie, medico, non va bene) e mi corico alle 20,30, addormentandomi però più tardi. Credo ci siano molte persone che fanno così (se non altro i monaci, cui un po’ assomiglio)».
Impegno, sacrificio ma con esprit, non solo pascaliano. Lo si deduce, per esempio, dal volumetto di aforismi di qualche tempo fa, intitolato Stavo per chiamarti con cui amabilmente mette al tappeto i nostri luoghi comuni. «E’ stato un attimo di follia. Spero di non averne più. Comunque mi sono divertito»." (da Mirella Appiotti, Immortale è Agostino non l'e-book, "TuttoLibri", "La Stampa", 07/05/'11)

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