venerdì 2 maggio 2008

Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni


"Torna in libreria Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni. Vent'anni dopo (Vingt ans après). Torna il poema dei fantastici folli a fare la verifica di una tenuta che si sostiene anche al film La voce della luna di Federico Fellini, uno dei lettori più congeniali. Cavazzoni viene da Reggio Emilia e abita nel cuore di Bologna, dove insegna all'Università. Nelle sue opere, dalle Rivelazioni sui purgatori (1996) a Gli scrittori inutili (2002), dalle Vite brevi di idioti (1997) alla Storia naturale dei giganti (2007), la letteratura diventa il luogo della sorpresa e dello stupore. Attraversata da una vena sottilmente comica, è tutta una faccenda di sghembature e di impurità, di innesti e contaminazioni, di ironia, di assurdo, di paradossi, di grottesco. Aperta alla deroga, all'irriverenza, all'anticonformismo, allo spiazzamento, all'irregolarità, alla corporalità, la scrittura diventa un grande esercizio di fantasticazione. Nessuno stupore - per un cultore di stupori - se qualcuno abbia potuto sostenere che lui, Cavazzoni, è uno degli scrittori più sottovalutati della letteratura italiana. Uno scrittore irregolare è uno che ha anche fatto letture irregolari? 'Per quanto mi riguarda, ho sempre prediletto matti e mattoidi, che sono poi del resto molto coltivati da tanta letteratura padana. Penso in particolare a Zavattini, al suo gusto della stramberia e dei fuori regola, più lunatici che drammatici. Se penso alla scuola, ricordo che invece dei Promessi Sposi sono andato poi a rileggere il Fermo e Lucia, più orrorifico, drammatico, gotico. È un mio gusto. Pensando all'Adelphi degli inizi, la mia gran lettura sono state le Memorie di un malato di nervi di Schreber, una vera e propria odissea moderna, di un Mediterraneo cerebrale invece che storico. Ma anche Walser, specie Jakob Von Gunten. Poi l'Adelphi ha fatto diventare gli irregolari degli snob e adesso mi fido di meno'. Se risalissimo all'infanzia, all'imprinting? 'Leggevo Salgari che ho ereditato da mio padre. Ma poi tanto Pierino Porcospino che mi viene invece da una nonna di lingua tedesca. Attraentissimo. Guardavo a quel mondo della legge e della punizione non con paura e spavento ma come a un luogo surreale, a un mondo che non c'è. Mi piacevano più le fiabe dei Grimm che le stramberie e le lazzaronate di Pinocchio. Ma una gran lettura è stata l'Enciclopedia per ragazzi della Mondadori, che conteneva il riassunto di tutti i libri. Ci ho letto un sacco di poesia, da quella per bambini a Pascoli, agli Scapigliati, Emilio Praga, Giuseppe Giacosa, le poesie tardo-romantiche che sono la materia di Guido Gozzano. I versi della Partita a scacchi riescono a commuovermi anche ora'. E a scuola? E i classici? 'I classici antichi la scuola me li ha resi insopportabili, ma poi sono diventate le letture che faccio più appassionatamente. Platone, Plutarco, i Ricordi di Marco Aurelio, gli storici, gli stoici. Purtroppo qui si apre la questione delle traduzioni, perché soprattutto per gli scritti in versi c'è un vizio di fondo, una mancanza di coraggio. Si tende a tradurli in modo semiprosastico che li spegne completamente. Si perde la regolarità del verso e comunque del ritmo. E in ogni caso l'aderenza nasconde a volte la viltà, stare sotto la protezione della lettera. Apprezzo molto di più le traduzioni di Monti e Pindemonte, e di Monti non solo l'Iliade ma anche la traduzione coraggiosa della Pucelle d'Orléans, il poema eroicomico di Voltaire. La traduzione omerica della Calzecchi Onesti è un'opera sciagurata, una traduzione di servizio, non la rinascita di un testo in un altro. Per questo le magnifiche Metamorfosi di Ovidio preferisco leggermele nella traduzione cinquecentesca in ottave ariostesche di Giovanni Andrea Dell'Anguillara, oggi ovviamente improponibile'. Viene da lì il gusto parodico delle traduzioni scherzose, come nel caso della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine? 'Sì, è un gioco entro l'area semantica della traduzione. Non un atto di irruzione e di scasso irridente, ma un modo per portare alle estreme conseguenze una cifra stilistica, una maniera. Come ad esempio nei Fioretti di san Francesco, dove con lo sguardo ingenuo domina l'ingenuità dell'espressione'. Lei ha detto una volta: gran cosa la fantascienza ... 'Non ho passione per il giallo, ma fantascienza ne ho letta molta, da Asimov a Philip Dick, compresi i film che ci hanno cavato, anche con Schwarzenegger. Per un po' ho seguito anche le cose ufologiche, da cui viene un filo della mia Storia naturale dei giganti. Un argomento affascinante, un po' come le apparizioni di santi e madonne che trovavo negli archivi manicomiali. Ma non sono mai approdato a qualcosa di convincente'. Archivi manicomiali? 'Ho fatto studi seri sulla consistenza degli archivi manicomiali. Dietro la suggestione di Schreber e di Foucault, coltivavo la speranza di trovare scritti folgoranti, ma purtroppo si tratta di speranze che vanno deluse proprio perché in genere chi finisce in manicomio perde la capacità di comunicare. Schreber per me è rimasto una bibbia,ma anche Foucault nonè crollato come tanti altri autori'. Quali sono gli autori completamente crollati? 'Tanti. A cominciare da Lukács, che ho letto come un dovere, quel suo libro orribile che è La distruzione della ragione. E poi Galvano Della Volpe, l'edizione in sei volumi degli Editori Riuniti, quanto tempo ci ho perso. Ci metto anche Sartre, Simone de Beauvoir, ma salvo Camus, che era uno scrittore nel senso alto della parola. Ci metto un poveretto come Majakovskij, nonostante la sua leggenda, ma salvo autori come Salamov, I racconti di Kolyma'. Quante altre letture rimangono in piedi? 'Mi piace tuttora molto leggere testi di divulgazione scientifica, dalla fisica all'astronomia alla cosmologia alla meteorologia. Faccio ancora fatica a capire la teoria delle stringhe ma fino a Einstein e alla relatività ci arrivo. Ho sul comodino libri come La struttura dell'Universo di Jayant Narlikar, Dal big bang ai buchi neri o L'universo in un guscio di noce di Stephen Hawking, Il mondo dentro il mondo di John D. Barrow, o L'attrazione fatale della gravità di Mitchell Begelman e Martin Rees. Ma leggo anche come se fossero un romanzo le enciclopedie Garzanti, chimica e astronomia'. Ma al vertice di tutto? 'Al vertice di tutto metto Ariosto, il più grande, a cui associo anche il Boiardo, il Pulci e tutti i minori e minimi che hanno dato materia ai miei giganti. Ma poi Puškin, l'Eugenij Onegin tradotto da Ettore Lo Gatto, Tolstoj, Dostoevskij, i russi in genere. Ho una reverenza speciale per Gogol e per Goncarov, l'Oblomov. Ma m'interessano anche autori attuali come Erofeev, Mosca sulla vodka, oppure lo scrittore franco-ceco Patrik Ourednik, Europeana, che è uscito nelle edizioni palermitane di Duepunti, una specie di storia dell'Europa fatta di scarti da enciclopedia, un'enciclopedia fallita che spazia in ogni campo dello scibile'. Con Ourednik siamo però entro la lezione dei Pérec, dei Queneau, dei Michaux, dei Rabelais, una lezione che lei ha frequentato e frequenta in quella versione italiana dell'Oulipo che è l'Oplepo, l'Opificio di letteratura potenziale. 'Nel gioco degli oulipisti italiani mi piace l'assenza di prosopopea, proprio quel loro rimanere nel campo del gioco, senza cercare altro'. Vedo che da Quodlibet esce una collana a cura di Jean Talon e sua con due titoli, Il viaggio di G. Mastorna di Fellini e Sulle tristezze e i ragionamenti di Ugo Cornia. Ma il viaggio di Mastorna non è una sceneggiatura? 'La collana nasce appunto per dare spazio a scritture che non siano solo di romanzo. A me piace molto il genere dell'intervista, ad esempio Dei miei sospiri estremi di Buñuel, che si legge come un romanzo. Ma mi piacciono anche le sceneggiature, la saggistica divulgativa, la scienza raccontata. Vorremmo dare un senso più largo all'idea di narrazione. Liberare le energie chiuse in generi che le penalizzano. A Mastorna abbiamo tolto la forma grafica della sceneggiatura e ne è venuto fuori uno degli scritti di Fellini più conturbanti'. Se guardiamo agli autori italiani, quali altri libri abbacinanti di contemporanei hanno contato per lei? 'Stimo molto Ugo Cornia, Daniele Benati. Ho letto molte cose di Paolo Nori, mi piaceva Michele Mari, fino alle Rondini sul filo. Resto legato a Gianni Celati, a cominciare dalla Banda dei sospiri fino ad arrivare ai Narratori delle pianure, con cui siamo diventati amici. Considero un maestro Luigi Malerba, di cui ho amato straordinariamente Il serpente. Ma anche Volponi, quello della Macchina mondiale, più che di Corporale. E di Gadda considero irresistibile Il guerriero, l'amazzone, lo spirito della poesia nel verso immortale del Foscolo'." (da Giovanni Tesio, 'Dall'Ariosto a Fellini, tutto è uno stupore', "TuttoLibri", "La Stampa", 26/04/'08)

1 commento:

ci@o ha detto...

mandatemi il riepilogo di questo mare non è il mio mare di elisabetta lodoli

PLEASEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!




ILARIA