sabato 11 agosto 2012

Dai libri illustrati alle App, così i bambini sono meno liberi


"Credo di aver imparato il significato del termine divulgazione ben dopo aver preso la patente. Quando ero bambino passavo gran parte delle mie giornate tra le pagine di ''Vita Meravigliosa'', un'enciclopedia dove gli argomenti più disparati erano esposti senza ordine: Chopin, il mosaico, i calabroni, il rame, le teleferiche. Era riccamente illustrata, e, allora come oggi, i disegni sono insuperabili per suscitare il senso di immedesimazione dei bambini e la loro curiosità. Gran parte dei miei interessi deriva da quelle giornate, e da quel genere di libri: hanno sempre rappresentato una quota di mercato minoritaria rispetto alla narrativa, ma di importanza fondamentale. Nel 2010 accanto all'80,58% di libri di fiction, le 450 novità divulgative comprendevano 16 tra dizionari ed enciclopedie, 138 libri di "natura" (animali, alberi e dinosauri), 60 biografie, storia e geografia, e quasi altrettanti libri di scienza e tecnologia (i bambini sembrano adorare i trattori). La divulgazione scientifica sembra aver tenuto il passo, pur se in una costante caduta che, a due anni di distanza dagli ultimi dati disponibili, si è ulteriormente accentuata.

Nonostante tutto, i genitori sembrano ancora apprezzarli: Anna Parola, dalla Libreria Ragazzi di Torino, lamenta come gran parte dei libri di divulgazione in Italia siano concentrati su materie non umanistiche. Va fortissimo il corpo umano, ma non la sessualità, i castelli medievali, ma non le crociate. Ci sono editori specializzati, come Editoriale Scienza e Lapis, ci sono piccoli sperimentatori (Dedalo), grandi collane (le Brutte Scienze di Salani), marchi popolari (Focus), libri fotografici (Ippocampo) e carnet di viaggio illustrati (EDT). Ma in generale "fare un buon libro di divulgazione è più difficile", ci spiegano alla storica Libreria Stoppani di Bologna. "I bambini appassionati sono attentissimi e precisi e a loro non sfugge nemmeno un errore". Colpa delle case editrici, quindi? Alla libreria Jolly di Verona, dove non si vende un libro di divulgazione da mesi, il titolare Claudio ha un'altra spiegazione: sono cambiati i genitori. Sono loro che preferiscono informarsi smanettando con gli smartphone. E i ragazzi, orfani di libri negli scaffali di casa, fanno altrettanto.
Le App divulgative per ragazzi sono un fenomeno in forte crescita, all'estero più che in Italia, dove la disponibilità di scelta è sconsolante. In una recente ricerca su 2000 genitori inglesi, il 75% ha dichiarato di condividere l'uso delle App con i figli (percentuale che sospetto salga al 100% pur di tenerli buoni al ristorante) e il 56% di possedere almeno una App richiesta dai bambini stessi. Il 37% considera, poi, le App una parte integrante del proprio capitale culturale. La maggior parte delle App divulgative sono concentrate nella fascia prescolare: per imparare lettere e parole, suoni e colori, numeri ed economia domestica. I bambini si dimostrano bravissimi a utilizzarle, è vero, ma questo è solo un aspetto. Per poter cominciare ad apprendere, infatti, occorre loro un telefono o un tablet (che costa), un genitore digitalmente competente (e se è affidato ai nonni?), che sia sempre presente (o ben presto il tablet si romperà). La curiosità del bambino, che con i vecchi libri si poteva esercitare semplicemente guardando le illustrazioni, è ora sottoposta a quella del genitore, unico in grado di orientarsi nelle librerie online, con domande tipo: esisterà una App che mi consente di insegnare a mio figlio a costruire un uccello e vederlo volare? (sì, c'è e si chiama ''Build a Bird'').

Non è comunque un'impresa facile, perché, a differenza delle librerie specializzate, i vari "store" non possiedono aree dedicate ai bambini, e i giovani aspiranti enciclopedisti dovranno saltare di categoria in categoria, prima di trovare ciò che cercano. Magari dovranno leggersi un paio di articoli per capire se ''Star Walk'', una App che per conoscere tutto di stelle e costellazioni, è adatta al suo bambino di quattro anni. E come sapere se le ricostruzioni 3D di ''Virtual History'' saranno meglio di un libro illustrato sull'Antica Roma? Chi non crede in queste formule di apprendimento arricchito ricorda bene il periodo in cui sembrava indispensabile acquistare un'enciclopedia su dvd, tipo l'Encharta di Microsoft, un fallimento spazzato via dall'intuizione collaborativa di Wikipedia, il luogo dove ogni curiosità viene soddisfatta da un'informazione ridotta al suo minimo comun denominatore, l'errore è all'ordine del giorno e la responsabilità per l'errore del tutto trascurabile.

E chi non crede nel futuro dei libri, invece, sa che per gli stessi motivi l'Enciclopedia Britannica, fiore all'occhiello della borghesia inglese, ha smesso di stampare i suoi volumi. Myron Taxman, che li ha venduti porta a porta per 28 anni, dice che "bisognerebbe comprarsi le ultime 4000 copie rimaste, e rivenderle tra un po' come oggetti di antiquariato". E chissà che non abbia ragione. Nel frattempo ci si interroga, piuttosto inutilmente, se consultare una App sia meglio o peggio che leggere un libro. Gli ultimi esperimenti (Korat, 2008) mostrano che non solo ai bambini i libri elettronici piacciono più di quelli tradizionali, ma anche che ne ricordano meglio i contenuti e sono più rapidi a rispondere alle domande di comprensione testuale. I piccolissimi (3-5 anni), imparano più velocemente a riconoscere suoni e parole, rispetto ai libri letti a voce alta da un adulto. Tutto vero, forse.

A patto che il bambino possa sempre contare su un genitore che faccia da mediatore, e che, in pratica, lo controlli in continuazione. La "macchina" delle storie, che sia un tablet o smartphone, è ancora più fragile e più pericolosa della televisione, sulla cui valenza diseducativa si sono versati fiumi di inchiostro: è perennemente connessa, e ha un numero imprevedibile di funzioni. Le possibilità di errori di utilizzo, di chiamate indesiderate, di accesso a contenuti inappropriati o a piccoli shock sono quasi le stesse delle opportunità formative, almeno fino a quando non verranno diffusi tablet pensati appositamente per i bambini (ce ne sono già alcuni, come il Fable, ma non sono molto diffusi). Quando ero piccolo io curiosavo e imparavo da solo con la mia enciclopedia illustrata (e capisco solo ora quanto fosse una posizione privilegiata), di certo più "sicura" di una di queste meraviglie e, soprattutto, che sentivo totalmente "mia".

Uno studio piuttosto interessante della professoressa Mariah Evans, dell'Università del Nevada, ha dimostrato come per avere successo a scuola possedere almeno 500 libri in casa sia due volte più importante del livello di educazione dei genitori. Il che conferma la vecchia teoria che la curiosità sia una scienza esatta, ma da coltivare da soli. Sarà vero anche tra una ventina d'anni, con un tablet munito di 500 App?" (da Pierdomenico Baccalario, Dai libri illustrati alle App, così i bambini sono meno liberi, "La Repubblica, 11/08/'12)

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