martedì 22 maggio 2012

La vendetta del traduttore

"Per giovanili esperienze e frustrazioni la conosco bene anch'io la sindrome del traduttore, che al suo livello più basso si traduce nel negarsi un caffè perché altrimenti si perde il ritmo di una cartella all'ora e si mandano all'aria i tempi del cottimo, a quello più alto si traduce nella tentazione di intervenire sul testo, tagliare ripetizioni, alleggerire aggettivazioni, precisare situazioni, togliere contraddizioni (sperando che il revisore non se ne accorga). Che cos'ha, dopo tutto, un autore più di un traduttore? Proibito. Perché se è vero che "poetry is what gets lost in translation", la poesia è ciò che va perso nella traduzione, come sostenevano Robert Frost e la giovane Sofia Coppola, è anche vero che il traduttore di narrativa, mal pagato, mal trattato, quasi mai citato, qualche volta distratto e/o pasticcione, spesso migliora il testo, inventa un linguaggio (parlate con i traduttori di Amitav Ghosh), e lavora per farlo arrivare a un lettore che altrimenti non potrebbe mai accedere a quel mondo. Il traduttore che ha scoperto in una libreria di Parigi Elena Loewenthal, grande traduttrice lei stessa, è per nostro divertimento più pugnace e vendicativo. E per questo il libro, firmato da Brice Matthieussent, si intitola La vendetta del traduttore (Marsilio). Perché Matthieussent, che ha al suo attivo una impressionante teoria di traduzioni eccellenti, da Kerouac a Paul Bowles, da Bret Easton Ellis a Bukowski, e dirige la collana Fictives per Christian Bourgois, insomma, uno che se ne intende di meccanismi e giochi editoriali, costruisce un divertente labirinto narrativo un po' escheriano un po' borgesiano, dove un traduttore non riconciliato, David Gray, e Abel Prote, pessimo carattere, scrittore in declino, autore di un romanzo intitolato Translator's Revenge, la vendetta del traduttore, attualmente in traduzione presso il ribelle David, entrano uno nella vita dell'altro. A partire da quando David decide che la prosa di Abel proprio non va, e inizia a tagliare aggettivi, poi avverbi, poi interi paragrafi tracimanti. Finché le notea piè di pagina, con cui il traduttore/editor dovrebbe chiarire alcune ambiguità o cose poco chiare del suo testo, non diventano esse stesse testo, finché le note come tali spariscono e il commento (anche graficamente) diventa l'asse portante del libro, respingendo il testo originale ai margini dell'interesse e dell'attenzione. Il tutto mentre in un gioco di destini incrociati, di simmetrie maliziose, di incroci sopra l'oceano, di casi che un colpo di dadi non eliminerà mai, i duellanti, Abel e Prote, si scambiano segreti ed amanti, pezzi di testo e case, in un crescendo di coincidenze e di identificazioni, di strane avventure e di eros per interposta persona, di trappole mortali e di preveggenze che solo un autore/demiurgo può avere, e che illuminano il difficile, complesso, appassionato rapporto di amore ed odio tra l'autore e il traduttore. Traduttore che, come abbiamo detto, si chiama Elena Loewenthal, e di questa mise en abyme sul suo lavoro di traduttriceè la divertita, ironica, un po' invidiosa madrina." (da Irene Bignardi, Non maltrattate i traduttori, "La Repubblica", 21/05/'12)

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