mercoledì 10 settembre 2008

Un po' più in là sulla destra di Fred Vargas


"Fred Vargas è una scrittrice curiosamente complessa; per essere un´autrice di romanzi polizieschi, intendo. Sono complessi i suoi personaggi, lo sono le situazioni che crea, le trame secondarie rispetto a quella portante del racconto. Perfino i nomi sono complessi: il suo investigatore Adamsberg, che poi sarebbe 'monte di Adamo', in quanto tale contrapposto a 'Venusberg' che non traduco perché si capisce; lui è l´eterno fidanzato di Camille compositrice e, all´occorrenza, camionista - niente meno. Oppure Ludwig Kelweihler, detto Louis, ('madre francese, padre un soldato tedesco') ex funzionario del ministero degli Interni, poliziotto dilettante anche se spinto da motivazioni profonde che lavora aiutato da Marc Vandoosler, ricercatore medievista senza un soldo. Un nome tedesco, un nome fiammingo, siamo lontani come si vede da Maigret, Lucas, Janvier e tutta la banda parigina creata da Simenon. La Vargas, che di suo all´anagrafe è registrata come Frédérique Audouin-Rouzeau, è decisamente un´intellettuale. Molto intellettualistica per esempio anche la sua posizione di primo piano nella campagna in difesa di Cesare Battisti che non cessa di essere un assassino (vero) per il fatto di aver agito spinto da motivazioni a suo dire 'politiche'. Forse da queste brevi note si capisce che nei romanzi della Vargas ci sono cose che mi piacciono e altre che non mi piacciono per niente. I romanzi polizieschi vivono di verosimiglianza, è questo che li rende in genere 'letteratura media' ma è anche questo che assicura la fedeltà del lettore, la capacità di incollarlo all´intreccio fino all´ultima riga. Per esempio Ludwig, o Louis, Kelweihler ha come hobby di portarsi dietro un grosso rospo di nome Bufo. Lo tiene in tasca, di tanto in tanto gli spruzza un po´ d´acqua, lo deposita nei bagni degli alberghi, gli parla, si confida con lui. Niente di più inverosimile. Anche irritante, ammettiamolo. Ebbene, molte delle mie obiezioni si sono placate alla lettura di quest´ultimo Un po´ più in là sulla destra (Einaudi). L´inizio, bisogna dire, è strepitoso. Kelweihler se ne sta in appostamento su una panchina di place de la Controscarpe - chi conosce Parigi sa quale fascino abbia, da Hemingway in qua.
L´uomo brevemente si assenta. In quel mentre un cane fa la cacca sulla griglia metallica che circonda la base di un albero. Piove. Quando Ludwig, o Louis, torna, la sua attenzione si concentra su quell´insignificante reperto organico. Insignificante per tutti. Ma non per lui che, anche grazie alla pioggia, scorge all´interno della poltiglia qualcosa che non avrebbe in nessun caso dovuto esserci. Posso dirlo, tanto siamo proprio nelle prime pagine: un osso umano, anzi per l´esattezza l´ultima falange dell´alluce di una donna di una certa età. Che io ricordi nessun romanzo poliziesco ha mai preso le mosse da una cacca di cane. L´inizio è questo, la cacca e quel piccolo osso. L´indagine porta Louis e i suoi due aiutanti, il giovane medievista Marc Vandoosler nonché l´archeozoologo Mathias (definito 'un cacciatore-raccoglitore'), fino alla più profonda Bretagna, oltre Quimper, in quel Finistère che è l´estremo lembo d´Europa verso Occidente, come dice il suo nome (Finis Terrae). Lì comincia l´indagine vera e la parte più succosa del racconto grazie anche all´accelerazione che l´autrice imprime agli avvenimenti. Entrano in gioco Pauline, un´ex amante di Louis che nel frattempo ha sposato il direttore di un centro di talassoterapia. Siamo infatti dalle parti di Quiberon dove giurano di saper rimettere in piedi anche i morti a forza di fanghi, alghe, docce a pressione d´acqua salata e compagnia cantando. C´è Chevalier il sindaco, un tipo sonnolento ma in fondo una brava persona che teme di perdere il posto perché un certo Blanchet, molto aggressivo, gli vuole soffiare la carica. C´è un collezionista di macchine da scrivere dal quale verranno alcune sorprese come il lettore vedrà. C´è poi una coppia di giovani gay, Jean, uno dei due, è aiutante del sagrestano. C´è ovviamente la morta, una donna di età già proprietaria di quel frammento di alluce che un certo cane aveva staccato dal suo cadavere per andarlo a depositare nel V arrondissement parigino. Insomma Kelweihler passa al setaccio alcuni tipi per un verso o per un altro parecchio interessanti, mette a nudo miserie e rivalità di quella piccola comunità di pescatori bretoni, riuniti spesso nel Café de la Halle, accogliente ritrovo quando soffia tagliente il vento atlantico misto a pioggia: panche di buon legno rese lucide dall´uso, birra che sgorga generosa dalla spina, molto fumo, una quantità di chiacchiere rivelatrici intorno al biliardo.
Una volta la Vargas ha dichiarato, molto ragionevolmente che 'il poliziesco è una specie di favola, ironica o tragica o cerebrale. Non sopporto i gialli ultraviolenti che raccontano crimini complicatissimi (che nella realtà non esistono): un delitto è sempre semplice'. Contraddicendosi apertamente l´autrice mette in scena in questo romanzo delitti complessi almeno quanto il nome dell´investigatore e circostanze (sulle quali devo tacere) che lega gli avvenimenti presenti con un antefatto che risale addirittura all´epoca dell´occupazione nazista. Non è il massimo della verosimiglianza, anzi per dirla tutta, suona apertamente inverosimile. Ma proprio qui è il miracolo, perché a dispetto di questo è un romanzo che si fa fatica a lasciare prima di averne divorato ogni singola pagina." (da Corrado Augias, Vargas, la semplicità del delitto, "La Repubblica", 10/09/'08)
"Grave concerns" (da GuardianBooks)

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