venerdì 19 settembre 2008

Nathan Englander


"Nathan Englander è nato e cresciuto in una famiglia di ebrei rigorosamente ortodossi di New York, e in quell'ambiente ha pensato, pregato, frequentato le scuole religiose, osservato meticolosamente le 613 mitzvot, i precetti che abbracciano ogni aspetto della vita di un buon ebreo. Fino a che, a 18 anni, diventato ormai un po' scettico a proposito di fede, ha spiccato il volo per Gerusalemme e qui si è scoperto un autentico non credente: 'Perché arrivando laggiù mi sono reso conto di quanti modi diversi esistessero di sentirsi ebreo'. Dopo pochi anni, ne aveva 27, in un su e giù tra l'America e Israele, arrivò il trionfo con Per alleviare insopportabili impulsi, raccolta di racconti d'esordio esilaranri, sorprendenti, dolenti, poetici, popolari di ebrei chassid e non, in varie parti del mondo e della storia, tra tradizione yddish, eredità singeriana, le lezioni del primo Philip Roth e forse un pizzico di Kafka. E poi ancora Israele, cinque anni, nel periodo più duro degli attentati kamikaze. Tornato a New York, un altro libro, un altro successo, Il ministero dei casi speciali, ambientato in Argentina dove personaggi adatti a Sholem Aleichem, come in una barzelletta cancellano dalle lapidi del cimitero ebraico i nomi poco rispettabili, ma in realtà sono immersi in una tragedia: ricercare quel che resta di un parente morto ammazzato dal regime, un'ispirazione nata in Englander davanti alle bombe dei terroristi in Israele, quando per i congiunti delle vittime diventava così importante trovare un lembo del corpo di un figlio, una madre, un marito. Chi più adatto di lui, cittadino globale dell'ebraismo, a parlare dei nodi della letteratura ebraica? E infatti Nathan Englander, oggi trentaseienne, è uno degli ospiti di spicco del primo Festival Internazionale a essa dedicato, che si terrà a Roma da sabato 24 settembre alla Casa dell'Architettura. Mentre riesce in paperback nella nuova collana Contemporanea degli Oscar Mondadori Il ministero dei casi speciali, l'abbiamo contattato via e-mail a New York e, tra un taxi per il Kennedy Airport e uno in corsa da Fiumicino a Roma, gli abbiamo posto alcune domande sulla natura, i temi, i personaggi, i luoghi di un grandioso fenomeno letterario, che comunque Nathan non considera un mondo a sé. Mr. Englander, esiste una letteratura ebraica? Agnon, Sholem Aleichem, Singer, Beoow, Roth ... hanno qualcosa in comune con Oz, Grossman, Yehoshua, e poi ancora con lei o Etgar Keret? 'Posso fare delle connessioni tra gli scrittori che elenca, ma non penso ricadano in un'unica categoria. In mezzo ci sono autori yiddish, israeliani, ebrei americani. Per me appartengono a classi diverse. Yehoshua è uno scrittore legato a Haifa, Grossman un vero gerusalemitano. Etgar (Keret) un artista telavivino post-moderno. Penso che Yehoshua e Keret riderebbero di vedersi ammucchiati nello stesso gruppo. Capisco che il lettore potrebbe guardare i nomi e dire "Sono tutti ebrei", ma potrebbe anche dire "Sono tutti uomini", che non è il mio modo di vedere la cosa, ma la maniera in cui li leggo'. [...]" (da Susanna Nirenstein, Il pianeta degli scrittori ebrei, "La Repubblica", 18/09/'08)

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