lunedì 1 settembre 2008

Middlemarch di George Eliot


"Middlemarch ha per sottotitolo Uno studio di vita provinciale, 825 pagine dentro le quali si stempera il paesaggio umano di una cittadina inglese negli anni intorno al 1830-1840, tra mutazioni politiche, storie personali e legami di famiglia più o meno saldi, amori e fraintendimenti d'amore, passioni e convenienze sociali. Un'impresa per il lettore di oggi! Forse, o forse un'esperienza di affondo nella grande letteratura da non perdere, perché sotto la guida di un energico narratore si viene calati dall'alto sullo spaccato di una provincia qualunque, se ne vedono da vicino le componenti e si finisce per esserne calamitati. Mary Ann Evans, la donna che sta dietro lo pseudonimo di George Eliot, è scrittore (lo lascio al maschile come categoria comprensiva dei due sessi!) di qualità e di finezza, prosatore e analista di una società colta nel suo cuore pulsante di ambizioni, contraddizioni, perbenismo e generosità. L'epopea del suo romanzo si configura in un alveare di fisionomie: la Eliot non lesina nel comporre caratteri e ambienti su cui spiccano alcune definite personalità: due uomini e due donne in modo particolare richiamano l'attenzione nella tessitura della storia, mentre a piccoli passi si affiancano loro personaggi mai davvero minori, delineati dentro una lucida struttura narrativa. È il pregio dei grandi romanzi dare tempo al lettore di adattarsi a un clima e entrare nella scena dei fatti come un habitué di un mondo anche a lui domestico. La città di Middlemarch diventa un luogo di affezione i cui abitanti si inquadrano tra interni borghesi e paesaggi di campagna tracciati con mano sobria. Nessuna smanceria sentimentale nelle pagine, semmai delle chiare simmetrie tra paesaggio interiore e esteriore; eppure di amore si parla molto! Amore devozione, quello che la giovane Dorothea rivolge all'anziano marito che lei stessa ha voluto in uno slancio di ammirazione; amore appassionato, che il giovane Will dedica quasi con rabbia a Dorothea, amore malcerto e superficiale tra la bellissima Rosamond e il valente medico Lydgate. E altro ancora nel quadro di una città coinvolta in un momento di passaggio nella vita politica inglese, il tempo della riforma elettorale che si insinua tra pubblico e privato nella trama di tante storie. Middlemarch è un nome emblematico: 'march' è un termine che indica il confine tra due contee, e qui, ci dice la nota introduttiva di Antonia Susan Byatt, allude anche al 'mezzo del cammin di nostra vita', inteso come uno scorcio sul lungo viaggio dell'esistenza, uno sguardo sospeso su un intreccio di particolari che diventano l'universale. Nell'800 l'hanno fatto tutti i grandi narratori e a ragione la Byatt rimanda alla balzachiana Comédie humaine. La commedia umana della Eliot si radica per stile e tema nel cuore dell'Inghilterra poco prima dell'avvento della regina Vittoria, epoca che l'autrice ha a sua volta attraversato (nasce nel 1819 e muore nel 1880) conducendovi per allora una vita trasgressiva e scandalosa. Quando scrive Middlemarch è una cinquantenne dallo sguardo distaccato, a volte ironico, a volte duro e tagliente, sempre magnanimo, commosso dalle ingenuità del suo personaggio principe, la giovane Dorothea inesperta d'amore. Sul suo singolare matrimonio con un anziano pedante, in contraddizione con ogni buonsenso, si apre il paesaggio di Middlemarch e si chiude su un suo secondo legame, questa volta di amore appassionato ma contro le regole di classe della società cui appartiene. Il matrimonio è il filo che lega la trama di questo ampio romanzo, in cui scorrono ambizioni politiche, professionali, meschinità
e onestà, spesso le delusioni di chi è lasciato indietro dalla propria incapacità o dalla sventura di stare dalla parte sbagliata. Dice il bravo medico Lydgate a proposito di un progetto di ospedale che non riesce ad andare in porto: 'In questo stupido mondo la maggior parte delle persone non pensa mai che una cosa sia bene farla, a meno che non sia fatta dalla loro cricca'." (da Marta Morazzoni, Rebus d'amore per Dorothea, "TuttolIbri", "La Stampa", 30/08/'08)

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