giovedì 18 settembre 2008

La casa degli incontri di Martin Amis


"Il protagonista dell'ultimo romanzo di Martin Amis, La casa degli incontri, è un russo di cui non sappiamo il nome, ferito e decorato al valore nella Seconda guerra mondiale, e poi figura importante nel territorio di quella che sarebbe stata la Germania dell'Est. Uomo violento, astuto, belluinamente coraggioso; alto, forte e di bell'aspetto; intelligente e anche colto, si tratta di un vincente, capace di uccidere (quando serve) e stuprare (quando è possibile). Eppure finisce in un campo di lavoro, non se ne sa la vera ragione, ma certo non per quello che ha fatto o per quello che è; e lì, nel 1948, vede arrivare il fratellastro Lev, un esserino debole e sciatto, balbuziente e con una faccia senza mento: un poeta e un non violento, condannato - il delatore aveva capito 'Roma-per-toma' - per aver magnificato 'le Americhe', cioè le curve di una donna di sfolgorante bellezza che si chiama Zoya e che diventerà sua moglie. Questa la prima parte dei fatti, e questi i personaggi. Ma non è tutta qui la storia che Martin Amis fa raccontare al suo protagonista, ormai vecchio - è nato nel 1919 e, quando scrive siamo nel 2004 -, in una lunga e-mail in inglese che sta per mandare dalla Siberia dove è tornato su di una nave di turisti con l'intenzione di morirvi, alla figlia Venus che vive negli Stati Uniti. Testamento? Memoir? Confessione? Si tratta in verità di un formidabile pezzo di letteratura: un libro sbozzato, che in altri tempi, riempito dei ritratti di tanti personaggi minori sarebbe stato un romanzo fluviale. E' il resoconto di un viaggio, stilisticamente scabro ed ellittico, fino agli estremi confini della coscienza umana: fin là dove la menzogna risulta improbabile, non tanto perché scritto in articulo mortis quanto perché indirizzato a una figlia. E tuttavia la verità che emerge, sia chiaro, non riguarda solo gli orrori e i delitti ma anche la sconsolata diagnosi sul carattere di un Paese il cui destino è sancito nelle parole conclusive del libro: 'La Russia sta morendo. E io sono contento'. Il titolo, La casa degli incontri, allude a una costruzione accanto al campo di lavoro di Norlag, in cui le mogli dei prigionieri, dopo un viaggio che durava settimane se non mesi, potevano incontrare per una notte quel che restava del loro uomo, ovviamente quasi sempre con risultati disastrosi dal punto di vista emotivo. Qui Lev, la sera del 31 luglio 1956, rivede Zoya di cui da sempre anche il fratello è innamorato. Quell'incontro è il clou del libro. Ma che cosa avvenga davvero nel corso di quella notte artica, il protagonista non saprà, e non ci farà sapere, se non nelle ultime pagine del romanzo, quando saranno tutti morti, e finalmente deciderà di aprire la devastante lettera-testamento del fratello. I tempi sono scanditi dagli avvenimenti politici della Russia, ma non è solo un libro politico, anche perché tutto quello che Amis aveva da dire sui crimini del più raggelante serial killer della storia lo avevagià detto qualche anno fa in Koba il terribile. La casa degli incontri è un ritratto dell'anima russa al cospetto di un paesaggio che probabilmente ne determina la natura: indolente e come sopraffatta dalla immensità di ciò ha sempre davanti, da un lato; e dall'altro, sfrenata e crudele fino alla barbarie che non riconosce i confini della polis. Delle regole della politica." (da Luigi Sampietro, Fratelli divisi dall'amore, "Il Sole 24 Ore Domenica", 07/09/'08)

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