giovedì 21 agosto 2008

Home di Larissa Behrendt


"Siamo in un piccolo centro periferico del continente australiano, a parecchi chilometri dalla civilissima Sydney. In una mattina bruciata dal sole giunge Candice, in compagnia del padre, che lavora per il Department of Aboriginal Affairs, alla ricerca di lontani parenti che non ha mai frequentato. La donna è laureata in Legge e si sta battendo per il riconoscimento degli atavici diritti patrimoniali degli aborigeni, discriminati e in larga parte eliminati nei secoli duri dell'occupazione dei bianchi, molti dei quali giunti in Australia per affollare le colonie penali inglesi. La giovane avvocatessa ha studiato a fondo questo genocidio, lungamente sottaciuto sino alla famosa sentenza del 1979, in cui la Corte Suprema di Giustizia ha riconosciuto 'le violenze inaudite perpetrate durante l'occupazione dei bianchi' sentenziando che 'gli aborigeni non cedettero le loro terre pacificamente e furono uccisi o strappati con la violenza dalle loro case a opera dell'esercito inglese o dei coloni'. Un'affermazione che ha dato il via a una rilettura del passato australiano capace di produrre in anni recenti una storiografia 'riparatrice' e la formale quanto tardiva 'richiesta di perdono da parte del Governo australiano per tutto il male fatto agli aborigeni'. Candice si ferma nell'unico hotel del luogo e riordina un fascio di documenti che ha portato con sé, mentre il padre rintraccia lo 'zio' Henry in grado di metterli in contatto con l'anziana Granny, un'aborigena che li conduce nello sperduto avamposto di Dunglear Station, affacciato - con tutti i suoi residui fantasmi - sull'inquietante oceano frastagliato del 'bush', la prateria australiana che si estende, sempre uguale, per migliaia di chilometri. Ma chi è Granny? Essendo cugina di Garibooli, nonna di Candice, rappresenta il legame più antico con la sua famiglia. Sì, perché lei legata all'establishment di Sydney e con un fratello, Kinsley, anch'egli legale e impegnato nel settore dei diritti umani dei nativi, è a sua volta un'aborigena [...]. Garibooli, ancora bambina, fu rapita proprio a Dunglear Station più di settant'anni prima dagli efferati squadroni dei 'redentori' degli aborigeni (così si chiamavano) e affidata a 'genitori' bianchi protestanti che avrebbero dovuto 'darle la fortunata opportunità di crescere nella religione cristiana'. Ma di lei, accolta dalla famiglia Howard 'timorata di Dio', si era persa traccia prima che Candice iniziasse la sua indagine. Trasformata subito in una sorta di domestica, violentata e messa incinta dal padrone di casa, Garibooli - ribattezzata Elziabeth per negarne l'identità - ha condotto un'esistenza assai misera. Madre di molti figli (tra cui il frutto dello stupro, rinnegato dal padre naturale), sposata a un marxista tedesco finito in Australia alla ricerca di una nuova impossibile Gerusalemme fatta di dignità e uguaglianza razziale, la nonna di Candice ha attraversato gran parte del XX secolo con il proprio carico di rimpianti e frustrazioni. La sua storia, affidata al recupero della nipote di Sydney, è narrato da Larissa Behrendt nel bellissimo romanzo d'esordio Home, in cui Garibooli funge da anello di congiunzione - attraverso un arco di temporale che va dal 1918 al 1995 - fra tre generazioni di colonizzati e colonizzatori. Beherendt, docente di Legge e di studi aborigeni all'Università di Sydney, è stata la prima indigena australiana a laurearsi a Harvard, e dunque tutta la sua conoscenza storico-etnologica concorre a dare palpabile spessore a questa narrazione impressionante e allo stesso tempo tenerissima (si pensi solo alla poetica descrizione del rapimento di Garibooli, strappata alla dimensione magica della sua cultura). Home infatti ci dice nuove verità, anche crude e vergognose, sul martirio del popolo aborigeno (e a questo proposito basti ricordare una delle tante sentenze dei tribunali ottocenteschi in cui veniva persino negato loro il diritto di testimonianza 'in quanto selvaggi solo capaci di farfugliamenti da orangutan'). Per questo il titolo del romanzo, volutamente lasciato in inglese dall'editore, richiama l'idea dolorosa di una 'patria/famiglia' - lo spirito stesso della mitica terra dei padri - stuprata dai conquistatori esattamente come accadde a Garibooli/Elizabeth, in nome di una fittizia 'rieducazione alla civiltà'." (da Renzo S. Crivelli, L'aborigena senza casa, "Il Sole 24 ore Domenica", 27/07/'08)

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