lunedì 18 agosto 2008

Eliana Bouchard, Benedetta Cibrario, Chiara Gamberale e Cinzia Tani: il Supercampiello delle donne


"E' il SuperCampiello delle donne: quattro finaliste su cinque. Eliana Bouchard, con Louise (Bollati Boringhieri). Benedetta Cibrario, con Rossovermiglio Feltrinelli). Chiara Gamberale, con La zona cieca (Bompiani). E infine, Cinzia Tani con Sole e ombra (Mondadori). Quattro contro uno: Paolo Di Stefano, con Nel cuore che ti cerca (Rizzoli), di cui abbiamo già parlato nello scorso numero. A carte coperte, non potremmo far altro che rallegrarcene. Perché la letteratura al femminile, oggi forse un po' sottovalutata, o giudicata a torto leggera, ha sensibilità e sfumature che spesso mancano agli scrittori maschi. A carte coperte, dicevamo. Ma se andiamo a leggere i quattro romanzi ci viene da dire che, bene, siamo contenti per le finaliste però, quest'anno, ci sono due autrici che hanno fatto di meglio, anzi, di meglissimo, e che dal Campiello non sono state nemmeno sfiorate. Si tratta di Maristella Lippolis, con il generoso racconto di una ribellione femminile a un marito rozzamente maschilista e, per giunta, razzista (Adele né bella né brutta, Piemme). E soprattutto, di Elisabetta Severina, con Quarantatré (Instar): piccola - ma emotivamente enorme - saga familiare, ricostruita da una figlia che si trova ad aver raggiunto i quarantatré anni: gli stessi della morte della madre. Ma di Severina e Lippolis abbiamo già ampiamente parlato su queste pagine. Dovremo, ora, scordarcele. e dire un po' rassegnati che, si sa, i premi sono i premi e che non possono accontentare tutti i gusti, tanto meno i nostri eccetera. I discorsi di sempre; perché intanto i premi continuano la loro strada, lasciandoci spesso l'amaro in bocca (si vedano i due ultimi Strega). Detto questo bisognerà aggiungere, peraltro, che se non è arrivato in finale, per il SuperCampiello, il meglio del meglio, non siamo nemmeno di fronte al peggio del mercato. Anzi, sopra tutte le altre rivali, il romanzo della Bouchard, Louise (di cui ci siamo già occupati su queste pagine il 2 dicembre 2007), è un ottimo libro. Un romanzo storico che, raccontando la vita di Louise de Coligny (1555-1620), figlia del famoso ammiraglio Gaspard, massacrato dai cattolici francesi durante la notte di san Bartolomeo, si cala con rigore - e senza nessuna concessione al feuilleton, o a quelli che, ancora peggio, oggi chiamiamo polpettoni storici, e che hanno invaso il nostro mercato - nel clima dell'epoca. Offrendoci con asciutta limpidezza di stile non solo il ritratto di una donna coraggiosa e insieme rassegnata al destino, ma anche il quadro di un mondo sanguinario dominato dagli interessi di dinastia o di parte. C'è un diafano gelo nel libro della Bouchard, che ci turba e ci commuove: come se la 'canzone senza paura' della vita di Louise fosse anche, e insieme, un ricanto dell'ombra della fine che grava su tutti i mortali. Romanzo storico quello della Bouchard; romanzi storici quelli della Tani e, per molti versi, della Cibario che, fondato sulle memorie di una novantenne, abbraccia, anche se sullo sfondo, un secolo di storia d'Italia. Ma qui, con Tani e Cibrario, si varca, anche se con una certa abilità di scrittura, la frontiera del feuilleton. O perlomeno, la si costeggia, con frequenti puntate dall'altra parte. Anche perché siamo di fronte a un mondo appunto governato dai procedimenti tipici del feuilleton. Lo scambio di persone, ad esempio, dove l'una assume l'identità dell'altra (Tani). I figli non legittimi tenuti rigorosamente nascosti o mendacemente attribuiti al marito (Cibrario; Tani). L'agnizione finale (Tani; Cibrario). Per parte sua la Tani, in Sole e ombra (322 pagine stampate molto fitte), ambientato soprattutto durante la guerra di Spagna e ricco di episodi di ferocia e di morte non privi di molta suggestione, ci sembra simile a una buona cuoca che somministri con generosità vivande su vivande ai commensali. Senza taccagnerie. Ma c'è davvero troppo in questa storia d'amore e di guerra e di morte: dove, dal groviglio di tre famiglie, una spagnuola, una ispano-inglese, e la terza italiana, emerge solo in conclusione, e dopo infiniti lutti, la bella favola d'amore fra i due protagonisti. A regalarci un lieto fine. Forse, tuttavia, un po' tirato per i capelli: dovuto a mille coincidenze della sorte che, davvero ci paiono troppe nell'economia del libro. E tuttavia il romanzo della Tani si legge volentieri; come volentieri si legge Rossovermiglio della Cibrario: coinvolti dal racconto di questa vecchia signora, passata da giovane, da una vita aristocratica e da un matrimonio infelice a Torino, all'energico ruolo di proprietaria terriera in Toscana (e con vini da gran premio). Ma alcune figure, come quella del suo imprevedibile amante Trott, sono sfocate, sfasate. Né ci convince troppo il trucco del riconoscimento finale di un figlio illegittimo: buono a farci spremere qualche lagrimuccia. Con La zona cieca della Gamberale, storia di oggi fra una lei e un lui (ahimé, scrittore) che si prendono e si lasciano e così via, sino allo sfinimento, entriamo in un mondo in apparenza tutto diverso. E vi entriamo di buon grado, a questo punto un po' oppressi dal festival della Storia. Certo, la trama è esile. Ma è gradevole. Una canzone dell'amore e dell'azzardo che infine incespica un poco in un laborioso scambio di mail fra lei, che si finge un misterioso sciamano per meglio conquistarlo con preziosi consigli, e lui che ci casca. Guarda caso, il motivo del travestimento. Il feuilleton, cacciato dalla porta, rientra dalla finestra. Ma qui siamo e qui restiamo: è la moda, amici, e speriamo che passi alla svelta." (da Giovanni Pacchiano, Chi si rivede, il feuilleton, "Il Sole 24 Ore Domenica", 17/08/'08)

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