lunedì 24 novembre 2008

Il Signore è grande e non si può disegnare (perché nel foglio non ci sta)


"Del sesso degli angeli si discute da sempre, per quanto invano. Ma il discorso non si ferma certo lì, anzi. Le grandi religioni monoteistiche si sono costruite
un’idea al maschile di Dio, però a tratti fa capolino anche il volto che ne rispecchia l’altra metà del cielo. Nella Bibbia ebraica, ad esempio, il Signore ha un nome impronunciabile, ma quando si avvicina alla terra diventa una parola femminile, Shekhinah. Dal testo sacro in poi, è padre. Ma anche madre, ogni tanto. E se non fosse invece né l’uno né l’altra? Nessuno aveva mai ventilato, sino ad ora, l’ipotesi di un Dio bambino, fanciullo. Ci ha pensato per tutti noi Susanna, prima elementare: 'Secondo me c’erano due mani nell’universo. Allora Dio ha preso due pianeti li ha uniti e così si è fatto da solo», come a dire che l’Eterno non è mica tanto più vecchio di noi bambini, anzi. E’ questa la confortante sensazione che accompagna la lettura de Il Signore è grande e non si può disegnare (perché nel foglio non ci sta) di Gualtiero Peirce (in uscita per Einaudi Stile Libero). Giornalista, autore e regista, Peirce ha trascorso giorni e giorni ad ascoltare gli alunni di tre scuole confessionali di Roma - una ebraica, l'altra cattolica e la terza islamica - mentre, insieme a maestre ed educatori, discorrevano dei massimi sistemi. E’ rimasto buono e zitto a sentire, Pierce, come i pali neri per le luci della ripresa televisiva. Ha imparato un sacco di cose su Dio e i bambini. Sul fatto che, perché no, Dio potrebbe essere anche un po’ bambino. Questa ipotesi diventa quasi una certezza di fronte alla confidenza e alla spontaneità con cui i bambini parlano di Lui. Teologi e atei professionisti avranno sicuramente una risposta per ciascuno, a tale questione: gli uni diranno che Dio è inciso nei nostri cuori, e per questo lo capiamo sin da piccoli. Gli atei incalliti rideranno sotto i baffi, perché la religione per loro è una bubbola buona giusto per l’infanzia. Probabilmente, proveranno entrambi un po’ di invidia per questa confidenza che i bambini, ebrei, cattolici o musulmani che siano, hanno con quel Dio che gli uni asseriscono e gli altri negano. Mentre il lettore curioso, possibilmente vaccinato contro pregiudizi di sorta e assestato su una salutare disposizione all’ascolto - proprio come quella di Peirce - , troverà in queste pagine materia di sorriso e riflessione, di divertimento e conoscenza. Le ore scolastiche di cui qui si fa una sorta di affettuoso verbale, infatti, sono quasi il contrario di quel che normalmente s’intende per 'lezione di religione'. Invece di dogmi, regnano dubbi e domande. Invece di una verità assodata, si impartisce la libertà di pensare ed esprimere. E’ lecito pensare che non sempre nelle nostre scuole si parli di Dio in questo confortante modo, ma qui è così: i bambini indagano sul perdono e la bontà, sul male e la legge. Sull’amore, persino, e sentire i bambini parlare di amore è sempre istruttivo. 'Tasnim sta riflettendo, non smette mai di farlo. Alza la mano. - Allora … quando amo Dio è una cosa bella. Ma anche quando ho paura di Dio è una cosa bella?'. La cosa bella, qui, è che se non ci si guarda bene intorno nella pagina, risulta praticamente impossibile capire dove siamo. Se nella scuola ebraica, in quella cattolica o in quella islamica, s’intende. I nomi dei bambini aiutano, ma non sempre. Loro, invece, che siano ebrei, cattolici o islamici, parlano un’unica lingua, in fatto di fede. Una lingua naturale e fors’anche ingenua. Ma mai disarmante quando pone le domande, mai arresa all’evidenza di ciò che noi adulti diamo purtroppo per scontato. Una lingua, insomma, che gli adulti farebbero bene a non dimenticare." (da Elena Loewenthal, Né padre né madre: e se Dio fosse un fanciullo?, "TuttoLIbri", "La Stampa", 22/11/'08)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Meglio che non dico parolacce, che se no Gesu' piange...
Certo che solo in Italia.