mercoledì 5 novembre 2008

Uomo nel buio di Paul Auster


"August Brill è un fine letterato che ha sempre lavorato per la stampa periodica, ragion per cui malgrado le notevoli soddisfazioni ottenute - a suo tempo ha persino vinto un premio Pulitzer - ha l’impressione di non avere dato abbastanza: per quanto apprezzati sul momento, i suoi mille e mille articoli sono stati dimenticati in fretta. Ora che ha settantadue anni e che è vedovo, in pensione e malconcio (gamba maciullata in un incidente automobilistico), prova nella casetta del Vermont dove si è ritirato a concentrarsi scrivendo, per la prima volta, un romanzo; ma non ci riesce, perché le riflessioni sulla propria vita reale, presente e passata, si impongono scacciando le sue fantasie. Per un po’ la narrazione di questo Uomo nel buio (Man in the Dark)alterna momenti nella vita di August Brill con l’allucinata avventura di un giovanotto immaginato da costui, tale Owen Brick, prestigiatore per bambini proiettato in un’America dove l’elezione contestata in Florida invece di varare la presidenza di George W. Bush ha dato origine a una guerra civile. Non ci sono stati né l’attentato alle torri né la guerra in Iraq, in compenso il Paese è lacerato politicamente, in preda al terrore e in miseria. Reclutato a forza in una formazione militare, dopo qualche peregrinazione kafkiana nei bassifondi di una città ostile il mite Brick si vede affidare una missione assurda, quella di uccidere un certo scrittore che vive in un angoletto remoto e che è l’unico responsabile di tutta la calamità nazionale perché è lui che la sta immaginando ... Autore prolifico e colto, penetrante e divertito quando osserva i suoi simili e li descrive in una prosa limpida e senza sforzo, Paul Auster è stato baciato dal successo in misura maggiore del suo August Brill, del quale non ha ancora raggiunto né l’età né il senso di saturazione del mondo. Tuttavia ha in comune con il suo personaggio il non essere neanche lui un vero romanziere: bravo e inventivo nelle singole situazioni, gli manca quello che una volta si chiamava il respiro, ossia la capacità di concepire una storia e di seguirla a lungo, pilotandola verso una conclusione lontana e, benché non scontata, ineccepibile. Il libro odierno è organizzato intorno a questa carenza, che argutamente sembra commentare. August Brill vorrebbe tanto, per una volta, offrire una storia appassionante, ma a un certo punto la vita ha il sopravvento sui suoi sogni a occhi aperti e lo costringe a concludere alla bell’e meglio la trama che stava faticosamente creando per occuparsi piuttosto di quanto ha intorno, ovvero di fare chiarezza nella propria esistenza, rievocando i propri rapporti con la moglie ora defunta, con la figlia e adesso con la nipote, tutta gente con problemi che forse solo adesso il nostro comprendedavvero. Le riflessioni-osservazioni-bilanci, che comportano anche digressioni in episodi lontani e magari poco correlati e che Brill snocciola in prima persona, si sostanziano così in una serie di vivaci mini racconti 'veri' dove il talento di Auster brilla al meglio. Con questa formula ingegnosa lo scrittore ha dunque fatto, o così sembra, una sorta di pulizia della soffitta, trovando il modo di utilizzare tanti spunti buoni per vicende brevi (c’è persino la decapitazione del giovanissimo marito della figlia di Brill, ad opera di terroristi in Iraq dove quello è andato a svolgere un lavoro pacifico e ben pagato): ma l’intarsio è elegante, la pagina scorre sempre con agilità, e una volta entrato nel gioco, il lettore lo accetta volentieri." (da Masolino D'Amico, Se scoppiasse la guerra civile, "TuttoLibri", 02/11/'08)

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