lunedì 10 novembre 2008

Opere di Wislawa Szymborska


"Chissà perché quando si dice 'poesia', subito si pensa a qualcosa di enfatico, retorico, lacrimoso, 'Poetico', appunto. Poco importa che John Keats, un signore che con i versi aveva una certa dimestichezza, ammonisse: 'il poeta è la più impoetica delle creature'. No, vulgata vuole che a questo appellativo corrisponda chi, senza pensarci troppo, riversa sulla pagina sentimenti patetici, con paroloni il più possibile alti e vaghi. Da qui il radicato cliché - ora rinvigorito da un'apposita iniziativa di Pippo Baudo - stante il quale siamo tutti, in fondo, dei poeti. Basta palpitare un poco, tirare fuori senza pudori le emozioni che si crede di provare e in un quarto d'ora il componimento è pronto per essere declamato da attori, se possibile più imbarazzanti degli autori stessi. Perché poi meravigliarsi se di fronte al numero esorbitante di chi scrive versi, pochi o punti leggono poesia? Eppure, per sgomberare il campo da ogni equivoco, basterebbe mandare a memoria una paginetta di Wislawa Szymborska, di cui ora Adelphi pubblica le Opere: 'Signora, nella Sua concezione la poesia è solo elevatezza sublime, eternità, sospiro e gemito - con una frequenza che non troveremmo neppure negli album di versi delle giovanette d'inizio secolo. Con tanta ampollosità non si può suscitare non si può suscitare nulla nel lettore d'oggi, perfino la persona più intima, sentendo una frase così guarderà in preda al panico l'interlocutrice, dopo di che si ricorderà all'improvviso di avere qualcosa di terribilmente urgente da sbrigare in città. Insomma, vogliamo toglierci le ali e cercare di scrivere a piedi?'. Sempre nella rubrica 'Posta letteraria', in cui risponde ad autori per lo più esordienti e in smaniosa ricerca di pubblicazione, la grande poetessa polacca invita a diffidare delle Muse (che sono 'amorali e capricciose') e a intraprendere piuttosto mestieri slegati dagli umori altalenanti di quelle isteriche, perché 'sulle isteriche non si può contare'. D'altronde, che male c'è, se in assenza di talento letterario si rinuncia all'avventura della scrittura e se ne intraprende un'altra, forse ancora più affascinante, quale la lettura? 'Datemi una qualche speranza di poter essere pubblicato o almeno un qualche conforto', aveva scritto un altro aspirante poeta. E lei risponde: 'Dopo aver letto, dobbiamo optare per la seconda ipotesi, attenzione dunque, La stiamo confortando: l'attende una sorte meravigliosa, la sorte di lettore, e di lettore della miglior specie, perché disinteressato; la sorte di amante della letteratura, il quale sarà sempre il suo partner principale, ossia non colui che deve conquistare, ma è conquistato. Lei leggerà di tutto per il solo piacere di leggere'. In fondo, è quanto la stessa Szymborska fa da una vita intera. perché la lettura 'è il più bel passatempo mai escogitato dall'umanità'. [...] Basta aprire bene gli occhi, mettere l'orecchio a terra e respirare a pieni polmoni per riscoprire nel consueto l'eccezionale, il miracoloso. Oltretutto l'uomo, malgrado se lo scordi spesso, è un animale dotato di immaginazione. E allora, apposta per lui, ecco 'Un miracolo supplementare, come ogni cosa: / l'inimmaginabile / è immaginabile'. Wislawa Szymborska pare non dimenticare mai questo fondamentale assunto. Anche nei momenti di massima malinconia, di massimo dolore. Come nella straziante poesia scritta dopo la scomparsa del compagno, Kornel Filipowicz, e affidata al punto di vista del gatto di famiglia ('Il gatto in un appartamento vuoto'). Parca in tutto, e dunque in particolare nello svelare i tratti salienti della propria vita, la migliore definizione di sé ce la dà en passant, in due versi che suonano: 'Miei segni particolari: / incanto e disperazione'. Proprio da questa coppia di sentimenti contrastanti si irradia l'opera poetica forse più toccante e acuminata di un autore contemporaneo, che noi tutti abbiamo la fortuna di leggere'." (Franco Marcoaldi, Parlando con Wislawa. Quando le muse sono strane, "La Repubblica", 08/11/'08)

1 commento:

Anonimo ha detto...

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