sabato 22 novembre 2008

Venuto al mondo di Margaret Mazzantini


"Nel suo Ricordo di Lampedusa, il critico Francesco Orlando rammentava la bipartizione fatta propria dall'autore del Gattopardo, secondo il quale esistono due tipologie di scrittori: i 'grassi' e i 'magri'. C'è chi esplicita per filo e per segno 'tutti gli aspetti e tutte le sfumature' del proprio racconto. E chi invece procede per sottrazione, fidando soprattutto sull'implicito, il non detto. 'Grassi' sono Balzac, Thomas Mann, Proust; 'magri', Racine, Stendhal, Gide. E già citando tali colossi si intuisce come questa 'semischerzosa' classificazione non alluda ad alcun criterio di valore, ma sia piuttosto un'indicazione empirica. Per rimanere nel gioco, mi è venuto da pensare che il nuovo, fluviale romanzo di Margaret Mazzantini, Venuto al mondo (Mondadori), potrebbe rientrare nella tipologia capitanata da Balzac. Non solo e non tanto per la sua dimensione (più di cinquecento apgine), ma prima ancora per la dichiarata vastità dei temi trattati e per la scritura che li sostiene. Il libro, potente e temerario, racconta delle cose ultime e solo di quelle: la vita e la morte, la pace e la guerra. E lo fa animato da una lingua turgida, in uno stato di costante fibrillazione, che si alimneta di un flusso ininterrotto di immagini e riflessioni e metafore, in un crescendo di eccitazione attorno a eventi terrificanti. [...]" (da Franco Marcoaldi, Di dolore in dolore, "La Repubblica", 22/11/'08)

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