lunedì 17 novembre 2008

Il concerto dei pesci di Halldor Laxness


"Nella mia testa l'Islanda è un luogo letterario. Ha cominciato Leopardi a farne la patria del suo infelice interlocutore con la natura, poi è stata la volta delle saghe con un repertorio di personaggi di grande suggestione, e infine gli scrittori del '900, da Gudmundsson a Laxness, a Bill Holm. Quest'ultimo, radici islandesi e nascita americana, ha dedicato all'isola dei ghiacci un capitolo di un suo libro Isole, tradotto da Guanda nel 2002: ne esce il quadro attraente di un tenace, ruvido mondo di qualità. Tale universo isolato e battagliero è oggi individuato come il 'canarino delle miniere' relativamente alla crisi economica che sconvolge il mondo. La definizione, che ricopio pari pari da un giornale, mi sembra a sua volta suggestiva, in linea con l'idea letteraria che continuo a farmi del paese nato da una costola della Scandinavia e diventato uno stato dall'invidiabile qualità di vita; almeno fino a quando la tempesta magnetica della finanza l'ha squassata più delle tante scosse di terremoto che periodicamente allargano il paese di qualche millimetro. Non so come sia l'islandese di oggi, se e quanto omologato al sistema mondo, se corrisponda più all'idea che ne ho tratto dai romanzi di una letteratura tra le più interessanti in cui mi sia imbattuta. Se devo dare credito a Holm, questa società è così anticamente democratica da dare dei punti alla civiltà ateniese; radunava infatti a Pingvellir, la Piana del Parlamento, cinquanta chilometri a Est di Reykjavìk, un popolo meno discriminato dei concittadini di Pericle; le donne per esempio, qui mai emarginate. È la prima storia d'Islanda, nata nel 900 e fatta di pochi emigranti dalla Norvegia che hanno azzardato qui un insediamento su cui non ci sarebbe stato molto da scommettere.
Ma parliamo anche delle figure che popolano la storia letteraria del secolo scorso, quelli su cui Laxness, l'autore maggiore in questa lingua, ha cesellato il capolavoro Gente indipendente e il successivo Il concerto dei pesci. Le invenzioni dello scrittore, premio Nobel nel 1955, sono lo specchio di una cultura del narrare di bel respiro, che non appartiene solo a pochi intellettuali, è piuttosto un patrimonio condiviso. Dobbiamo pensare alla tradizione dei rimatori toscani che si cimentavano in gare in rima per trovare una affinità di passione e abilità. Su un terreno così fertile la qualità più alta fameno fatica a sbocciare e ancor meno ad essere riconosciuta. Quando, nel 1998, morì Laxness novantaseienne, lo pianse l'isola intera e gli rese omaggio trasmettendo alla radio il suo capolavoro letto dall'attore Arnar Jonson. Così, osserva Holm, si celebrarono insieme le prime caratteristiche di questo popolo: scrivere storie e ascoltarle. È davvero una questione di silenzio e una condizione di silenzio ad aver permesso la nascita del racconto nella forma che assume dal tempo della tradizione scaldica fino a oggi, o dovrei dire ieri, perché anche qui qualche autore dell'ultima generazione scrive e soprattutto pensa in inglese piuttosto che in islandese, e questo cambia le carte in tavola. Più facile per noi l'orientamento, certo, ma quanto meno denso e intenso il viaggio! Penso a Laxness: c'è da spaesarsi nei suoi romanzi, di che perdere il filo, e nondimeno ci si affeziona a un linguaggio che risveglia la potenza dell'epos e conosce il disincanto della modernità. E penso al romanzo pubblicato quest'anno da Iperborea, Il concerto dei pesci. Impossibile leggerlo e non domandarsi: dove mi sta portando? Eppure lo si segue nel concertato a due voci soliste e coro che racconta in rapsodia la storia di una casa alla periferia di Reykjavìk, della strana gente che la abita e che transita di lì, dell'educazione morale e musicale di un ragazzo alla ricerca della nota pura, della misteriosa personalità del cantante lirico diventato famoso nel mondo, mentre la sua patria si raccoglie nell'attesa vana del ritorno del grande figlio. Dentro questo romanzo c'è l'Islanda che racconta e ascolta, c'è il passato su cui si è depositato il presente senza schiacciarlo. Questo fino a ieri." (da Marta Morazzoni, Isola di ghiacci nella tempesta della finanza, "TuttoLibri", "La Stampa", 15/11/'08)

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