lunedì 3 novembre 2008

Le regole dell'impegno di Anita Brookner


"Con una cadenza che possiamo tranquillamente definire ossessiva, Anita Brookner non si stanca di produrre un romanzo all'anno fin dal lontano 1981. Il pubblico e la critica aspettano ansiosi e rassegnati, sapendo benissimo che dietro le copertine eleganti della prima edizione, virate a paperback nel giro di qualche mese, troveranno ad attenderli ancora una volta la stessa storia, giocata su un numero infinito di varianti, ma inequivocabile nella scelta del tema e della sintassi narrativa. Forse è proprio questo che affascina i lettori e mantiene Anita Brookner, all'interno del solido mercato editoriale inglese, in una posizione di sicuro privilegio: quasi che in quei personaggi femminili nuovi e sempre uguali si celasse un archetipo potente, significativo, capace di produrre nel pubblico un meccanismo di dipendenza molto simile - e sembrerà paradossale - a quello provocato da un racconto di suspence. Eppure, niente è più lontano dal modello 'fiction di genere' della scrittura lucida, affilata e impietosa come un coltello, che Brookner mette al servizio delle sue storie di solitudine: è che la trama esilissima viene comunque articolata in modo da tenere il lettore sulle spine fino all'ultima pagina. Ne Le regole dell'impegno, romanzo del 2003, le 'variazioni sul tema' confermano le qualità davvero speciali di questa scrittrice, capace di costruire la storia della protagonista Elizabeth attraverso l'amicizia intermittente nel tempo che la lega a una vecchia compagna di scuola. Le due amiche ('l'ultima generazione davvero verginale') crescono separate, si incontrano, si perdono di nuovo e infine si ritrovano. Ma mentre Betsy è la figura romantica, vitale e perdente, che si butta nella vita e da essa viene travolta, è Elizabeth, finissima narratrice in prima persona, il personaggio complesso e riluttante capace di mettere in scena la propria desolante incapacità di vivere, e di stare nei tempi che intorno a lei cambiano rapidamente. Un breve inverno parigino, negli anni della contestazione, le fa intravedere un modo diverso di vedere il mondo, ma la breccia si richiude rapidamente e fin dall'inizio Elizabeth è condannata a essere 'più vecchia delle ragazze che incrociavo per la strada, ma troppo giovane per identificarmi con le donne gravate dalla borsa della spesa'. Nella Chelsea londinese, le cui stradine silenziose e fuori dal tempo sono traversate da una King's Road che dei nuovi tempi è invece simbolo prepotente, la protagonista trova la mappatura che le è più congeniale: le passeggiate solitarie, le lunghe soste nei caffè, scandiscono il rituale di una vita ormai 'fuori dallo spirito del tempo', in cui Elizabeth sceglie il ruolo di testimone dopo aver lambito, in vari modi, i simulacri della vita reale. Un marito che non ama, un adulterio clandestino, una vedovanza precoce, un amante noioso, sono le tappe forzate di un itinerario che la porterà a scegliere la strana virtù dell'essere testimone, a cercare sempre e comunque la neutralità, elidendo dalle proprie giornate, progressivamente, qualunque rimando alla vita reale: perfino gli amati libri della grande tradizione ottocentesca su cui ha cercato di studiare la vita scompaiono progressivamente dagli scaffali. L'ultimo è Madame Bovary. 'Mi erano state date le istruzioni sbagliate, dagli insegnanti e dai romanzi'. Non le rimane, alla fine, che un sonno profondo, e senza sogni, in cui rifugiarsi." (da Benedetta Bini, Le 'signorine solitudine', "Il Sole 24 Ore Domanica", 02/11/'08)

1 commento:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu