mercoledì 12 novembre 2008

Il mondo meraviglioso di Walt Disney e le sue radici nell'arte europea


"E il topolino partorì la montagna. Con l'invenzione di Mickey Mouse ottant'anni fa Walt Disney (1901-1966) cavò infatti dal cilindro della sua fantasia il primo e più noto - anche se non il più simpatico - dei personaggi con cui poi crebbero milioni di bambini, conferendo alla sua società quello slancio che la rese un colosso dell'intrattenimento mondiale. Ma se per molti l'inconfondibile firma rotondeggiante del creatore di Topolino rimane innanzitutto legata all'omonima striscia settimanale, fonte di ispirazione in Italia anche per uno scopiettante spettacolo teatrale di Claudio Bisio, gli esordi e le fortune dell'impero Disney poggiano innanzitutto sulla settima arte. Sebbene Plane Crazy, il cortometraggio in cui Mickey Mouse apparse per la prima volta, raccolse sopratutto perplessità tra gli spettatori, tale fu l'entusiasmo di pubblico e stampa per il successivo e tecnicamente più complesso Steamboat Willie, in cui si introduceva il sonoro, che Walt si convinse negli anni seguenti a compiere il salto e impegnarsi nella realizzazione di elaborati lungometraggi a cartoni animati. Opere popolarissime e trasmesse ancor oggi in televisione, diventate classici della cultura pop americana eppure impensabili senza l'apporto della tradizione europea, a cui Walt Disney attinse in maniera copiosa, come dimostra un'esposizione a Monaco di Baviera dedicata alle radici della sua arte. Perché se già Walt negli anni Venti, quando muoveva i primi passi espresse curiosità per le celebri sequenze di persone e animali in movimento scatatte dal fotografo inglese Eadweard Muybridge, a metà degli anni Trenta egli si imbarcò in un tour di esplorazione culturale nel Vecchio continente da cui tornò ricco di spunti e carico di libri, quasi 350 volumi di artisti europei del XIX e XX secolo che confluirono nella biblioteca allestita per i suoi dipendenti. Tra i motivi di ispirazione più importanti le fiabe tedesche dei fratelli Grimm, da cui Disney trasse la storia per il suo primo lungometraggio, Biancaneve e i sette nani, senza dimenticare le illustrazioni a quelle stesse fiabe dipinte dall'artista di Dresda, Ludwig Richter e trovando spunti anche nelle incisioni di Gustav Doré. Da Esopo in poi tipico delle fiabe è d'altronde quell'antropomorfismo che caratterizza i mondi disneyani. Nel suo caso l'interesse risale a una precisa esperienza biografica: i quattro anni trascorsi dal giovane Walt tra le bestie di una fattoria del Missouri, un periodo di scoperte che segnò profondamente quel ragazzino di città. La passione per il mondo animale è anche alla base della stima di Walt Disney per il disegnatore tedesco Heinrich Kley, oggi più noto negli Usa che da noi, i cui elefanti e ippopotami danzanti sono alla base delle celebri sequenze di Dumbo e Fantasia, un lungometraggio a episodi per altro impensabile senza l'apporto della musica classica. Ma oltre ai Grimm la stessa pellicola di Biancaneve a ben guardare è davvero una cornucopia di influssi europei: le voci dei nani riecheggiano la tradizione del Vaudeville francese, mentre la tenebrosa regina capace di trasformarsi in una vecchia raccapricciante è un misto tra Lady Macbeth e il lupo cattivo con i poteri metamorfici narrati da Robert Louis Stevenson in Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde. anche il fatto che molti dei disegnatori impiegati da Disney fossero immigrati dall'Europa contribuì a caratterizzare con toni nostrani le sue pellicole. La trasposizione su grande schermo del Pinocchio di Collodi venne ad esempio curata dallo svedese Gustaf Tenggrens che le conferì dei toni nordici e grotteschi tipici di film espressionisti come Il Gabinetto del dottor Caligari. La bottega di Geppetto è un ricordo del laboratorio del nonno di Gustaf, mentre il villaggio dove nasce il burattino di legno è una reminiscenza di Rothenburg ob der Tauber, un idilliaco paesino bavarese consigliato a tutti gli amanti dei mercatini natalizi, che se inoltre visiteranno il castello di Neuschwanstein ritroveranno quello di La bella addormentata nel bosco. Data l'importanza della Baviera per Disney non deve quindi stupire che all'italiano Pinocchio capiti di indossare nel cartone animato i pantaloni corti di pelle amati in quelle valli. La bella fatina invece è una pura american girl disegnata con le fattezze dell'attrice Jean Harlow." (da Alessandro Melazzini, La biblioteca di Topolino, "Il Sole 24 ore Domenica", 09/11/'08)

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