lunedì 16 giugno 2008

Il giardino dei Finzi Contini


"L'enigma dei Finzi-Contini, il celebre romanzo di Giorgio Bassani sulla tragica storia della famiglia ebraica di Ferrara, è celato in alcuni fogli di colore giallo sepolti dentro uno degli armadi in acciaio dell'archivio nazista di Bad Arolsen. Il dossier che emerge ben custodito dall'Istituto per la ricerca internazionale (ITS), che la Croce Rossa da pochi mesi ha aperto agli studiosi nella cittadina dell'Assia, porta un'intestazione molto semplice: 'Magrini Silvio'. Ma chi era Magrini, o più esattamente, Finzi-Magrini? Le carte all'interno, quasi tutte in lingua tedesca, alcune scritte a macchina, altre a mano, assieme alle schede, alle liste e alle pagine microfilmate, ne certificano in modo inequivocabile l'origine: 'Padre: Mosè. Madre: Fausta Artom. Nato l'8/01/1881 a Ferrara, Italia. Religione: ebraica. Deportato in Germania. Protocollo numero 598504'. E' lui, Silvio Finzi-Magrini, dal nome originario, l'uomo la cui vicenda ha ispirato in Bassani la figura di Ermanno Finzi-Contini, capostipite della casata e padre di Micòl, l'indimenticabile protagonista rimasta viva nella memoria di molti anche per l'interpretazione che Dominique Sanda fece nel film di Vittorio De Sica tratto dal libro dello scrittore ferrarese. La tragedia dei Magrini ricalca in maniera impressionante la storia dei Finzi-Contini. 'Magrini Silvio - è scritto in uno dei numerosi fogli in cartella - arrestato il 16 ottobre 1943, è arrivato nel lager di Fossoli a dicembre'. Apparteneva alla sua famiglia quel meraviglioso giardino di Ferrara, sul quale ogni tanto - ricordano ancora oggi alcune testimonianze - l'affabile professore si affacciava dopo aver trascorso ore intere nella sua biblioteca. Nel libro, Ermanno Finzi-Contini vi era dedito ai 'suoi solitari studi di agraria, fisica, e storia delle comunità israelitiche d'Italia'. Il giardino è il centro pulsante del romanzo dei Finzi-Contini. Un topos della letteratura che, con i fiori e le piante amate da Micòl, si erge a luogo non soltanto reale ma metaforico, trasformando il romanzo in una grande opera sul tempo, sul destino e sulla memoria. 'Io riandavo con la memoria agli anni della mia prima giovinezza - scrive Bassani nelle pagine iniziali del libro - e a Ferrara, e al cimitero ebraico posto in fondo a via Montebello. Rivedevo i grandi prati sparsi di alberi, le lapidi e i cippi raccolti più fittamente lungo i muri di cinta e di divisione e, come se l'avessi addirittura davanti agli occhi, la tomba monumentale dei Finzi-Contini. E mi si stringeva come non mai il cuore al pensiero che in quella tomba uno solo l'avesse ottenuto, questo riposo. Infatti non vi è stato sepolto che Alberto, il figlio maggiore, morto nel '42 di un linfogranuloma; mentre Micòl, la figlia seocndogenita, e il padre professor Ermanno, e la madre signora Olga, e la vecchissima madre paralitica della signora Olga, deportati tutti in Germania nell'autunno del '43, chissà se hanno trovato una sepoltura qualsiasi'. [...] Il ritrovamento delle schede di Silvio Magrini scioglie un enigma ricorrente sull'opera più importante di Bassani. E cioè se i Finzi-Contini fossero esistiti davvero, oppure costituissero semplicemente personaggi di fantasia. A dare un indizio, in un'intervista rilasciata al "Resto del Carlino" alcuni anni prima di morire nel 2000, fu lo stesso autore. Il quale ammise che la famiglia ferrarese al centro del suo romanzo (e del giardino) era veramente esistita. 'Mi sono ispirato alla famiglia del vecchio professore magrini', sospirò spalancando infine le porte a un segreto tenuto per anni. I Magrini, che a Ferrara vissero al numero 76 di via Borgo Leoni, costituivano uno dei principali nuclei della comunità ebraica cittadina. Oltre a Silvio, gli altri membri erano la moglie Albertina, la madre Elisa, la loro figlia Giuliana, e il loro figlio Uberto. In termini di struttura famigliare, un'esatta replica dei Finzi-Contini. Persino il loro grosso cane Yor appare tra le pagine. Una famiglia scomparsa tutta tragicamente. Il professore deportato insieme con la moglie, il figlio morto di leucemia. A paventare l'ipotesi, e a far scatatre la polemica, fu molti anni fa l'ingegner Marcello Pesaro, per trent'anni capo della comunità ebraica locale e marito di Giuliana Magrini, il quale riteneva di avere identificato il proprio suocero figlio Silvio Finzi-Magrini nel professor Ermanno Finzi-Contini, cioè il padre della Micòl del libro. Ma Giuliana poteva essere Micòl? Bassani negò. 'E' un'aggiunta tutta mia', sostenne. La bionda, appassionata tennista nel giardino dei Finzi-Contini fu l'eccezione del romanzo, rispetto alla famiglia da cui lo scrittore prese ispirazione. [...]" (da Marco Ansaldo, La vera storia dei Finzi Contini, "La Repubblica", 13/06/'08)

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