mercoledì 11 giugno 2008

Amorosi assassini. Storie di violenze sulle donne


"Eran trecento, ma non erano giovani e forti, come quelli della Spigolatrice di Sapri. Ma, come loro, sono morte. Morte, non morti. Erano donne, infatti, non uomini. E sono state uccise da violente mani maschili. Molte erano giovani come gli eroi di Sapri, alcune quasi bambine. Altre erano di mezza età e altre ancora anziane: una di 78 anni. Molte non erano attraenti. Le loro vite non avevano nulla di eroico, a parte gli eroismi quotidiani, invisibili per gli uomini, di cui è fatta l'esistenza femminile. Non avevano utopie, o straordinari progetti di vita. Nemmeno erano femministe. Semplicemente, qualcuno le aveva messe al mondo - spesso, ma non sempre, in circostanze disagiate - e vivevano: vite, a volte, anche banali o infelici. Molte sono morte nel senso fisico del termine: hanno smesso di respirare dopo essere state perseguitate, brutalizzate, stuprate, strangolate, accoltellate, uccise da pistole, martelli, bastoni, perfino da un lanciafiamme fabbricato in casa. Con accanimento, ferocia e furia difficilmente immaginabili tra esseri umani. Molte altre, invece (e chissà che non sia peggio) sono morte 'dentro': divenute mentalmente inerti, come vegetali. Incapaci di sorridere, di progettare, di amare. Il loro devastato paesaggio interiore è lunare, privo di vita. Le loro storie sono 'fatti di cronaca', ripresi, mese per mese, in un prezioso libro che non ha precedenti e che non c'è dubbio presto diventerà un importante strumento di lavoro: Amorosi assassini. Storie di violenze sulle donne, che sta per uscire da Laterza. Ne sono autrici tredici donne del gruppo femminista "Controparola". Le notizie, ordinate cronologicamente mese per mese nel 2006, sono state riscritte - per ogni capitolo, una a turno in modo più esteso - e si leggono come brevi pezzi di narrativa noir. "Controparola" è composto, com'è noto, da sole donne 'di penna': narratrici e saggiste come Dacia Maraini, Elena Gianini Belotti, Lia Levi; giornaliste e saggiste come Chiara Valentini, Elena Doni, Maria Serena Palieri, Claudia Galimberti, Paola Galgianone, Simona Tagliaventi, Cristiana di San Marzano, Francesca Sancin. E universitarie, ricercatrici, saggiste e collaboratrici di prestigiosi quotidiani come Mirella Serri o Marina Addis Saba. Il gruppo esiste da molti anni, e ha già pubblicato nel 2001 un altro importante volume: Il Novecento delle Italiane. Una storia ancora da raccontare (Editori Riuniti). Trecento storie sono tante. Messe in fila - e non sgocciolate giorno per giorno in qualche pagina di cronaca, spesso locale - formano una massa imponente, che non può passare inosservata, suscitando semplici commenti di disapprovazione. Secondo Marx, ad un certo punto la quantità diventa qualità. E' vero. Queste trecento storie di donne - si badi, un semplice campione, la punta di un iceberg, avverte l'introduzione - ci mettono di colpo davanti agli occhi un impressionante fenomeno sociale del nostro tempo, per il quale l'aggettivo 'inquietante' non basta più. Ci vuole anche un giudizio di valore, come 'mostruoso', 'spregevole'. Esso deve farci riflettere - e provocare risposte efficaci - non meno di grandi e drammatici temi sociali come la fame nel mondo, la pena di morte, i diritti civili, la tortura. [...] Tante storie di donne-vttime ma anche di uomini-carnefici - molti dei quali esaltati, malati o disperati, poi finiscono per suicidarsi - ci parlano di una inquietante psiche maschile collettivamente malata. Forse dal femminismo molti uomini italiani, ricchi o poveri, colti e meno colti, hanno avuto uno choc paralizzante. Così, invece di ascoltarne le ragioni e provare ad adeguarvisi, si sono limitati a sentirsi vittime assetate di vendetta. Spossessati di un potere assoluto - quello sulla donna - che sentivano appartenergli per diritto di nascita, non hanno avuto la forza o la capacità di accettare la nuova realtà dei rapporti umani. Non a caso, dice l'Istat, mentre gli omicidi in generale diminuiscono, quelli di donne aumentano. Perché questo sinistro primato dell'Italia in Europa? Un tentativo di risposta potrebbe trovarsi nella constatazione che l'Italia è il Paese in cui più diretta e intensa è l'eredità classica, con tutta la sua misoginia. Eredità viva e ininterrotta fino ad oggi grazie alla Chiesa - anzi intensificata dopo la Controriforma. In ogni caso, c'è un enorme lavoro di rieducazione da fare, cominciando dai bambini piccoli, già alla scuola materna (nessuno è di nessuno, le perosne non sono cose, la violenza è brutta, etc.). Un poco, il senso comune sta già cambiando: spesso sono i vicini di casa, sentendo grida eccezionali, ad avvertire polizia e carabinieri, riuscendo ad evitare il peggio. Ci sono progetti al Ministero delle Pari Opportunità. Nel cosiddetto Pacchetto Sicurezza è stata approvata la norma che concede il permesso di soggiorno alle immigrate che denuncino violenze subite in famiglia. E nella solita 'bravissima' Spagna, già dal 2005 - in una situazione assai meno grave della nostra - esistono nuove leggi e strumenti, tra cui un 'tribunale di genere'. " (da Laura Lilli, Quelle donne assassinate, "La Repubblica", 11/06/'08)

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