mercoledì 18 giugno 2008

Guido Quazza. L'archivio e la biblioteca come autobiografia


"Guido Quazza è stato uno degli storici più importanti del Novecento. Nell'arco di Una lunga carriera accademica, i suoi libri e i suoi scritti hanno attraversato i temi cruciali della nostra storia, dal Risorgimento alla Resistenza, dal Piemonte sabaudo al '68. Fino alla morte, avvenuta nel 1996 all'età di 74 anni, Quazza è stato anche un instancabile organizzatore culturale, un militante politico, un docente impegnato. Successore di Ferruccio Parri alla presidenza dell'Istituto Nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia dal 1972, fondatore e direttore della "Rivista di storia contemporanea", fu anche preside della Facoltà di Magistero per 27 anni consecutivi. Fu quello che una volta si usava chiamare un 'maestro'. Negli anni '70 riuscì a costruire una 'scuola' storiografica e una serie infinita di iniziative, alcune direttamente politiche (il Comitato unitario antifascista che, caso unico in Italia, riuniva la sinistra extraparlamentare insieme ai partiti tradizionali e ai sindacati) altre squisitamente didattiche (i seminari interdisciplinari che a Magistero sostituirono le lezioni frontali). A rilanciare l'attenzione sulla sua figura è un volume appena pubblicato (Guido Quazza. L'archivio e la biblioteca come autobiografia, a cura di Luciano Boccalatte, Franco Angeli) che, insieme a una serie di saggi sul suo lavoro di storico, contiene un inventario dettagliato del suo archivio personale, una mole straripante di carte, raccolte con ossessiva meticolosità in tutta una vita, custodite gelosamente dai quaderni scolastici delle elementari ai documenti delle prestigiose istituzioni da lui dirette. C'è veramente l'intera biografia di Quazza, in quell'archivio, gli affetti e le scelte politiche, il privato e il profilo di accademico e di intellettuale. Renderlo accessibile agli studiosi è stato un atto di grande generosità da parte dei familiari; ordinarlo e catalogarlo è stato un lavoro molto impegnativo, anche sul piano emotivo, quasi che Boccalatte sia stato chiamato a penetrare nell'intimità più riposta di un personaggio pubblico. L'archivio ci aiuta a capire come in Quazza la dimensione esistenziale sia sempre stata intrecciata alle sue opzioni politiche e storiografiche. Molte delle sue categorie interpretative sulla Resistenza erano ad esempio mutuate direttamente dall'esperienza partigiana nelle file degli autonomi della divisione "De Vitis" comandati da Giulio Nicoletta: l'insofferenza per la 'zona grigia', per quelli che non scelsero da che parte stare e preferirono aspettare che 'passasse la nottata'; l'insistenza sulla necessità della violenza armata quando si tratta di combattere per la libertà contro la dittatura; il giudizio sulla banda partigiana come microcosmo di democrazia diretta; la diffidenza verso il connubio stalinismo/riformismo che alimentava la politica del PCI. A proposito del PCI. Negli anni '70 Quazza fu il capofila di una corrente storiografica che rovesciò come un guanto l'interpretazione comunista della Resistenza. Dove il PCI accentuava il peso dell'organizzazione, si esaltava la spontaneità del movimento partigiano; quando il Pci parlava di unità di tutte le forze politiche dalla DC ai monarchici, si sottolineavano le divergenze radicali in seno al Cln; con il PCI che insisteva sul carattere patriottico della Resistenza, Quazza polemizzava con le ascendenze staliniane di quella definizione e tendeva a ridurre drasticamente il ruolo dei militari e dell'esercito regolare. Tutto questo configura un singolare paradosso; il revisionismo rimprovera oggi al PCI una visione classista e settaria della Resistenza, un uso strumentale che avrebbe accentuato l'ipoteca comunista totalitaria sulla lotta di liberazione. In realtà quel rimprovero andrebbe indirizzato verso Quazza e la sua scuola che sostennero quelle posizioni in contrapposizione con il PCI. Paradosso nel paradosso: non c'è nessuno degli storici dell'ex partito comunista che intervenga a ristabilire questa elementare verità, difendendo il suo vecchio partito." (da Giovanni De Luna, Il primo che rovesciò la resistenza del PCI, "TuttoLibri", "La Stampa", 14/06/'08)

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