giovedì 26 giugno 2008

Enzo Siciliano: diario italiano 1997-2006. Una scrittura civile


"Chissà quanti libri, brevi e compiuti, si potrebbero ritagliare da queste diffuse note che lo scrittore ha steso giorno per giorno quasi parlando a se stesso. Mi capita di pensarlo scorrendo il Diario italiano 1997 - 2006 di Enzo Siciliano (Perrone, "Biotòn") che esce in questi giorni. E' un'opera che raccoglie i pensieri di un intellettuale giunto alla fine della vita (l'ultima data che vi compare coincide infatti con la sua morte, giugno di due anni fa) rafforzando così nei lettori l'impressione di trovarsi di fronte, più che a un mucchio di pagine, a un uomo. Nove anni finali, dunque che riassumono un'esperienza estesa lungo mezzo secolo, la seconda metà del Novecento. Le confessioni di un testimone. Il racconto, reso in prima persona, di eventi e riflessioni che riguardano una generazione. Una sequenza di possibili 'libri nel libro', dunque. Il primo dei quali, per la passione che lo anima, ha per oggetto la politica. E' su questo libro 'ritagliato' che voglio soffermarmi. Esso non contiene, è ovvio, un rapporto oggettivo sui fatti della recente vicenda italiana, ma presenta una loro trasposizione in chiave di bilancio esistenziale. Attraverso scritti, aneddoti, atteggiamenti, dichiarazioni, polemiche, sagome di persone care, amici e avversari, si riverbera in questi fogli un universo che fu quello di un intellettuale straordinariamente presente e partecipe in tutti i meandri del suo tempo. Una materia a suo modo omogeneo, connotata da un colore inconfondibile: il disinganno. Si coglie infatti, di riga in riga, una velata malinconia, come di un patrimonio disperso. Eccoci trasportati negli anni del lungo dopoguerra italiano, una stagione che oggi appare quasi mitologica, e che l'autore visse in maniera precoce. Siciliano ne rievoca adesso i valori che gli appaiono disattesi e perfino derisi, quasi riflettessero una colpa o un delirio in contrasto con la millenaria anima italiana. Il pezzo più prezioso di quel tesoro dissipato è ai suoi occhi la Costituzione, il foedus senza il quale 'saremmo oggi un paese peggiore': un patto che, 'non siglato dai fascisti', ha permesso loro 'di non venire cacciati dalle proprie case' consentendogli così di scoprire, benché immeritevoli, 'i benefici della democrazia'. Ma i fascisti non restano i soli nel manifestare questa sorda ingratitudine. Quanto le loro aggressioni alla "Carta repubblicana del 1948" siano logoranti non viene percepito dai 'revisionisti'. Sono loro, in questo Diario italiano la principale controparte polemica: al punto che ad essi - alla loro sostanziale 'messa in mora della parola ideologia - sembra addebitarsi quel rewind della storia' che ha prodotto 'l'anemia morale' di cui soffre l'Italia. Un Paese a 'a pile scariche', in preda a un 'pensiero debolissimo', esposto a incongrue pulsioni 'bipartisan', votato 'all'incallito vizio del particulare'. Una plaga geografica artificiosamente pacificata i cui conflitti, s epure ci sono, si limitano ormai alla sfera degli 'interessi'. Un angolo d'Europa, insomma, la cui coesione ideale è in realtà un cimelio. Intorno a simili temi etico-politici, Costituzione, antifascismo, resistenza, ruota l'esame di coscienza di un letterato (quale Siciliano non smetterà mai di sentirsi). Forse mai come in queste sue pagine che raccontano 'giorni disperati', Siciliano ha inteso rivelarsi come scrittore 'civile'. Non c'è particolare della sua esperienza che non faccia riferimento a quell'ordine di valori, senza che alcuna rilettura del suo percorso biografico ne scalfisca l'appartenenza. Riflettendo sul proprio comunismo giovanile, che peraltro smentì a ventidue anni - fa spicco nei fogli del Diario lo scontro quasi fisico che lo oppose al roccioso Ingrao nei giorni successivi alla rivolta ungherese - lo scrittore non soggiace ad impeti di revisione. In materia, dichiara, sono 'sempre stato dalla parte di quelli che non abiurano'. E ne enuncia con impeto il motivo: 'per paradossale che sembri', scrive, 'la storia della parola libertà, nell'Italia degli anni Quaranta e Cinquanta, e in appresso, è passata anche attraverso le sezioni del PCI'. E questo ricordo non gli sembra stridere con l'autodefinizione che si dà, di 'conservatore di sinistra'. A dare un risalto storico a queste 'verità', Siciliano chiama in servizio i suoi 'maggiori' - dai più remoti come Alfieri, Leopardi, Foscolo o De sanctis, ai più recenti, Croce, Gramsci, Calogero, Bobbio, Moravia, Alvaro, Fenoglio, Bassani, Pasolini, Debenedetti. Il lettore potrà valutare la plausibilità di queste progeniture, e di altre disseminate nelle pagine qui ritagliate da quel 'tutto' che è il Diario italiano. Del quale, per questo ed altri riguardi, non potrà disconoscere la lealtà aspra e drammatica. E la chiarezza esemplare, fra tante mezze verità che ci assediano." (da Nello Ajello, Enzo Siciliano scrittore civile, "La Repubblica", 26/06/'08)
Siciliano nel catalogo Mondadori

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