"Mentre scrivo, il sole che scende davanti a me illumina e indora questa pagina, e la mia penna vi fa correre sopra l’ombra lunga e aguzza di una meridiana. Queste ore, più di qualsiasi altra ora dell’anno, mi hanno sempre recato una promessa o un’ingiunzione. Ma si sta facendo tardi, e adesso non c’è più niente davanti a me."
"French novelist who refused the Goncourt" (da GuardianUnlimitedBooks)
"Julien Gracq, dernier rivage" (da LibérationCulture)
"[...] Ora, nel settembre del 1951, Gracq pubblica Le rivage des syrtes, un capolavoro sul sorgere di una guerra tra due signorie senza tempo, forse in Libia, forse a Venezia. I giurati del premio Goncourt - tra loro Colette e Queneau - cominciano a mormorare che è impossibile non coronare quel romanzo carico di insuperabile sapienza e magia letteraria. Gracq, inquieto, pubblica sul "Figaro" una lettera in cui dichiara che non si candida al premio, poi ribadisce sulle "Nouvelles Littéraires" che non lo accetterebbe. Tre giorni dopo, l'accademia di Goncourt, al primo scrutinio, premia Le rivage des syrtes: 'Il libro ci è piaciuto', dichiara semplicemente un giurato. Gracq rifiuta il premio, ma per accorgersi presto che il meccanismo dello spettacolo letterario è senza scampo. Braccato e messo in fuga dai fotografi nel suo consueto piccolo ristorante, osannato o sospettato di malizia pubblicitaria, Gracq scopre 'l'abuso di potere' della società nuova. Al di là dei romanzi di miti (Il bel tenebroso, 1945) e della poesia in prosa Liberté grande, Gracq si era lentamente orientato verso il 'giornale di bordo', il frammento autobiografico, la riflessione letteraria. Sono le due serie incantevoli di Letterine (tradotte come la maggior parte delle opere di Gracq, presso Theoria), dove la guerra allegorica del Rivage des Syrtes e del Balcon dans la foret diventa la rievocazione tenera di una disavventura autobiografica. Accerchiati dal nemico, Gracq e la sua compagnia si lasciano scortare, in una sorta di allucinato fatalismo, da due guide che hanno la rigida e incerta dignità degli ubriachi fradici, e cantano a squarciagola (La nuit des ivrognes). Gracq che, da geografo, zaino in spalla, andava attraversando a piedi per settimane intere regioni di Francia, studiandone le masse geologiche con 'l'occhio di Cézanne', pensava che la letteratura, ultimamente, 'respirava male'; il suo intento, da sempre, è stato quello di restituirle l'aria delle grandi altitudini." (da D. Galateria, Julien Gracq, scrittore dandy e surrealista, "La Repubblica", 24/12/'07)
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