"[...] Ma non ci siamo solo noi al mondo. Non molto tempo fa un'amica mi ha chiamato, dicendomi di essere stata in Zimbabwe, in un villaggio dove la gente non mangiava da tre giorni, ma parlava molto di libri, di come ottenerli e di istruzione. Io faccio parte di una piccola organizzazione nata per far giungere libri ai villaggi, ma tenete a mente che un libro in edizione economica proveniente dall'Inghilterra in Zimbabwe costa quanto la paga di un mese: questo prima del regno del terrore di Mugabe. Adesso, con l'inflazione, costerebbe l'equivalente di diversi anni di paga. Ma quando si portano i libri in un villaggio - e ricordatevi che c'è scarsità di benzina - vengono accolti con le lacrime. Magari la biblioteca sarà un'asse su mattoni, sotto un albero, ma nel giro di una settimana inizieranno lezioni per insegnare a leggere. Si dice che ogni popolo abbia il governo che merita, ma non credo che sia vero per lo Zimbabwe. E dobbiamo ricordarci che questo rispetto e questo desiderio per i libri non nasce dal regime di Mugabe, ma da quello che lo ha preceduto, quello dei bianchi. E' un fenomeno impressionante, questa voglia di libri, e lo si può osservare ovunque dal Kenya al Capo di Buona Speranza.
Sono cresciuta in quella che era, di fatto, una capanna di fango con il tetto di paglia - una capanna di fango, ma piena di libri - e a volte ricevo lettere da persone che abitano in un villaggio che magari non hanno elettricità o acqua potabile (proprio come capitava a me), 'anche io diverrò uno scrittore, perché vivo nello stesso tipo di casa che avevi tu'. Ma no, lo scrivere, gli scrittori, non escono da case senza libri. E' questa la differenza. E' qui l'ostacolo. [...] Nel 1980, anno dell'Indipendenza, in Zimbabwe esisteva un gruppo di bravi scrittori, un vero e proprio vivaio. Erano cresciuti nella vecchia Rhodesia del Sud, sotto i bianchi - le scuole missionarie, le migliori. In Zimbabwe oggi non si allevano scrittori. Non facilmente, sotto Mugabe. Tutti quegli scrittori avevano lottato per poter leggere e scrivere. Per non parlare del diventare scrittori. Leggere etichette della marmellata e enciclopedie buttate via non era raro. E stiamo parlando di un popolo che bramava livelli di scolarizzazione molto lontani dalla loro portata. Una capanna con molti bambini e una madre oberata di lavoro, la lotta per il cibo e i vestiti. Eppure malgrado queste difficoltà erano emersi degli scrittori e dovremmo ricordare dell'altro: questo era lo Zimbabwe conquistato di fatto da meno di cent'anni. I nonni e le nonne di questa gente magari erano cantastorie nel loro clan. In una generazione o due, si era passati dalle storie ricordate e tramandate a memoria, alla stampa, ai libri. Che conquista! Libri presi letteralmente tra rifiuti e scarti del mondo dei bianchi. Eccomi qui, a parlare di libri che non sono mai stati scritti, scrittori che non sono mai riusciti ad emergere perché non ci sono editori. Voci mai ascoltate. Non è possibile valutare un tale spreco di talento, di potenziale. Ma prima ancora della fase in cui un libro ha bisogno di un editore, di un anticipo, di incoraggiamento, c'è bisogno d'altro. In Africa e ovunque nel Terzo Mondo, o come vogliamo chiamarlo, vediamo genitori che desiderano dare ai propri figli un'istruzione che li salvi dalla povertà. La stessa nostra istruzione che oggi è così minacciata." (da Doris Lessing, Zimbabwe, il paese dei libri negati, "La Repubblica", 09/12/'07)
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