martedì 26 ottobre 2010

C'era una volta l'editoria


"C'era una volta la grande editoria libraria, pietra miliare della nostra cultura del Novecento. Un mondo complesso e variegato che comprendeva case editrici come Mondadori e Rizzoli, Feltrinelli ed Einaudi, gli Editori Riuniti, Bompiani e Vallecchi, Laterza e Longanesi, per citarne solo qualcuna. Ognuna era diversa dall' altra, aveva le proprie chiare fisionomie; eppure tutte puntavano a pubblicare libri che avrebbero fatto "catalogo" ed erano caratterizzate da linee precise, da un segno inconfondibile. Chi le animava, dai direttori ai redattori, ai venditori, spesso univa in sé la figura del letterato, del traduttore, del critico, con quella dell' esperto dell'industria editoriale. E gli editori principali, dai Mondadori ad Angelo Rizzoli, possedevano un'intuizione notevole, una lungimiranza. Arnoldo Mondadori, forse il più "mercante" di loro, come ricorda Gian Carlo Ferretti, il maggiore storico dell'editoria italiana, aveva «il libro come sua pupilla destra». Critico letterario, saggista, già responsabile delle pagine culturali di L'Unità e docente universitario, Ferretti compie ottant'anni. In suo onore la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori di Milano, nata nel 1979 e diretta con passionee competenza da Luisa Finocchi, ha voluto promuovere il seminario di ricerca "Protagonisti nell'ombra", dedicato ad alcuni personaggi di spicco di quell'editoria del secolo scorso che sono poco studiati oppure dimenticati: da Roberto Bonchio a Gian Paolo Brega, Giansiro Ferrata, Niccolò Gallo, Cesare Garboli, Natalia Ginzburg, Luciano Mauri, Ervino Pocar e Domenico Porzio. Si terrà oggi nella sede della fondazione, che è uno straordinario giacimento di fondi (Angoletta, Bemporad, Linder, Gianna Manzini, Mazzuchetti, Testori, trai tanti) e di documenti, di prime edizioni e di biblioteche, di periodici, di fotografie (come l'archivio Bottai), e, insieme, un'istituzione culturale di prestigio che non si occupa soltanto della memoria, guardando al presente e al futuro. Il «c'era una volta», però, vale nel caso in questione. Soprattutto perché sembrano trascorsi anni luce da quando un germanista insigne come Pocar si occupava dell'opera omnia di Kafka; ed Elio Vittorini, magari sbagliando ma facendolo con coerenza e autonomia intellettuale, scriveva di essere incline a «scartare» l'edizione Mondadori di Il signore degli anelli di J. R. R. Tolkien. Lo bocciava dopo una lunga discussione interna, confortato infine dal giudizio di Vittorio Sereni: «Escluderei la possibilità di arrischiare un esperimento». Lo scrittore siciliano era lo stesso che di fronte a The Mansion di William Faulkner, nel gennaio del 1960, affermava a colpo sicuro: «Naturalmente sì». A testimoniare quel lavoro di selezione svolto per i lettori, restano i pareri editoriali (alcuni dei quali, finora inediti, pubblichiamo). Custoditi alla fondazione, costituiranno la materia degli studi dei relatori al convegno e daranno linfa al filone d'indagine, relativamente giovane, in questa disciplina. La giornata milanese è destinata a tradursi in un saggio su quegli editori e letterati-editori che furono le colonne degli Editori Riuniti, della Feltrinelli, della Mondadori, dell'Einaudi, delle Messaggerie. Protagonisti, irrimediabilmente, del mondo di ieri. Per Ferretti non ci sono dubbi: «Abbiamo di fronte un grande passato. Tutto è cambiato, soprattutto con la concentrazione editoriale a cominciare dagli anni Settanta, avviata dall'acquisizione da parte dell'Ifi-Fiat della Bompiani». Il libro, insomma, «non è più il frutto di un lavoro collettivo e creativo in un panorama felicemente conflittuale, dove il letterato-editore partecipava al processo della scelta con le sue idee e le case editrici avevano forte personalità e precise identità, verso cui gli autori mostravano una forte appartenenza: si pensi ad Italo Calvino con l'Einaudi, ad Alberto Moravia con Bompiani». Sia pure nel quadro di una crisi generale, dell'incrinarsi del ruolo dell'intellettuale, «nell'editoria odierna quelle identità non esistono più, così come è venuto meno il senso dell'appartenenza: si assiste a un nomadismo degli autori. Il lavoro è maggiormente centralizzato, prevale la parte commerciale e i libri sono fatti non più per diventare "catalogo", bensì con logiche sovente stagionali». Certo, continua lo studioso nato a Pisa, «i buoni libri si fanno ancora». E non mancano redattori eccellenti nelle case editrici, spesso usciti dai master della Fondazione Mondadori. Qualcuna, inoltre, «almeno in parte conserva una sua identità: tra queste Feltrinelli, Adelphi, Einaudi, Laterza, Sellerio, e/o, minimum fax». Ma il grande passato, per l'appunto, è consegnato alla storia. Nelle medesime case editrici principali, conclude Ferretti, «si voleva fare cultura vendendo libri. C'era quella consapevolezza, c'era amore per il libro, anche in chi badava di più al mercato». Adesso è quest'ultimo a essere il vero metro di giudizio. Al seminario della Fondazione Mondadori verrà citata una lettera che Gian Paolo Brega, nume tutelare della Feltrinelli, inviò nel '71 a Erich Linder, l'agente letterario di tanti scrittori. Gli diceva: «Oggi in Italia quasi tutti, editori in testa, mirano solo a un'universale contaminazione di ideee posizioni così da manipolare meglio il maggior numero di persone, indipendentemente dai loro reali interessi e dai valori che gruppi e classi portano in sé. A danno è ovvio dei subalterni». Parole da leggersi, è chiaro, nel contesto storico di quell'epoca; non per questo motivo, comunque, sono meno profetiche." (da Massimo Novelli, C'era una volta l'editoria, "La Repubblica", 26/10/'10)

Storia dell'informazione letteraria in Italia (Feltrinelli)

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