venerdì 15 ottobre 2010

Asino chi legge


""Hai visto chi tieni in classe?, mi fa la prof. Non so a quali ragazzini si riferisca. Quella, Teresa! Ah, Teresa, faccio io, Perché? Che tiene di speciale Teresa? Non lo sai? È figlia del capoclan. E fa il nome di uno dei clan camorristi più alla moda. Ah, rispondo, e allora? Quella, continua la prof, vive con la nonna: il padre e la madre stanno in carcere". Siamo al rione Luzzatti, uno dei quartiere più a rischio dell'interland napoletano. Antonella Cilento, scrittrice di successo e fondatrice del laboratorio di scrittura creativa Lalineascritta, da diciassette anni gira per le scuole italiane trasportando il suo laboratorio tra ragazzi che non hanno mai letto un libro intero, muovendosi in ambienti dove la lettura è un disvalore. Asino chi legge! È il caso di dire. E Asino chi legge (Guanda) è anche il titolo del libro in cui la Cilento ha raccontato la sua esperienza. Il rapporto con i ragazzi. Ignoranti come capre, talvolta curiosi, talvolta senza sogni, come le ragazzine tredicenni di una scuola di Ercolano tutte con un unico sogno: diventare madri.
La fotografia che emerge è a tratti desolante, a tratti commovente. Con la passione della scrittrice e l'occhio dell'insegnante, la Cilento descrive una generazione di ragazzi che non conosce la favola di Cenerentola ma che per fortuna sa ancora sorprenderci. Per esempio, Teresa che si rivelerà una ragazzina straordinaria. Desolante è la frustrazione degli insegnanti e il racconto di una scuola senza immaginazione, senza compassione. Sullo sfondo scorrono paesaggi mutevoli, edifici terrificanti come lager o rassicuranti e puliti, luoghi dentro i quali i nostri giovani crescono e si formano.
Ma non è un'utopia andare nelle scuole a parlare di letteratura? "No, assolutamente. C'è un ritorno immediato dei ragazzi e degli insegnanti. Molti di loro ne escono modificati".
Sono più impreparati gli studenti o gli insegnanti? "I professori sono i più difficili da smuovere, non solo per l'età che li rende meno malleabili, ma per i ruoli che investono e per le abitudini inveterate, difficili da scalzare. La ripetitività dei loro gesti, fare e dire sempre le stesse cose alla fine li cristallizza. Il lavoro di insegnante è tra i più difficili e molti di loro vivono e lavorano in condizioni estreme e hanno perso la fede in quello che fanno".
Lei scrive che c'è differenza tra gli studenti di Bolzano e quelli dei quartieri a rischio del Sud. A favore dei secondi. "Sì. I ragazzi disagiati hanno più da dire. Anche se non posseggono gli strumenti sono provvisti di una vivacità, di un'umanità, di una capacità di invenzione straordinarie. Nelle scuole in cui queste risorse sono date per scontate la situazione è più drammatica. Più omologata, più faticosa da cambiare. I ragazzi sembrano incapaci di proporre una novità. In Trentino la scuola dove sono stata era perfetta, ma l'inquietudine e il disagio che esprimevano gli scritti dei ragazzi mi sembrava più preoccupante di quelli di Secondigliano".
E secondo lei perché? "Perché si è smesso di investire sul futuro delle nuove generazioni. È come se si fosse rotto un patto generazionale e nessuno investe più sulla loro formazione, che passa attraverso i libri e la letteratura. Purtroppo, succede in tutte le regioni. Il risultato è che le nuove generazioni sono formate con incertezza da adulti che li amano poco e danno loro molto poco".
E così torniamo alla responsabilità degli insegnanti. "Ci sono ovviamente insegnanti straordinari che vivono il loro lavoro come una vocazione e ogni giorno inventano qualcosa di diverso per trascinare la classe come fosse una famiglia. Purtroppo si tratta di una minoranza. Ma va pur detto che agli insegnanti si chiede di lavorare nonostante la frustrazione. Ed è disumano. Io ritengo che bisognerebbe innestare un circuito virtuoso che porti a una selezione più forte. Che arrivino a scuola docenti più preparati, meglio formati e più motivati".
E che sappiano fare amare la letteratura ai ragazzi ... "Appunto. Ma chi può innamorarsi di un autore o di un romanzo leggendo dei brani antologizzati? Qualche paginetta e subito l'analisi del testo. Un capolavoro viene messo su un tavolo anatomico e dissezionato".
Tra insegnanti e famiglie che non leggono come si può appassionare alla lettura un giovane? "I ragazzi non leggono ma amano le storie. Vivono immersi in un sistema narrativo. Ma non lo sanno. Dunque, conoscono gli strumenti ma ignorano che le storie provengono dalla pagina scritta".
Anche il video gioco? "Sì, è un oggetto narrativo che usano a ripetizione conoscendone il meccanismo. Lo stesso vale per il cinema. Si appassionano ai film ma ignorano che nascono dalla scrittura. Cadono dalle nuvole quando scoprono che dietro un film c'è una sceneggiatura e che il cinema è per prima cosa scritto".
In una delle pagine conclusive del suo libro lei afferma che la scuola è per tutti gli studenti "l'arte della fuga". Lo era anche per noi. "Sì. Ma noi fuggivamo verso un futuro. Loro fuggono verso un tempo diverso in cui non scriveranno, non leggeranno, non studieranno. Non vogliono stare a scuola, perché non hanno un obiettivo pratico, ma nessuno gli spiega che la scuola non è un enorme parcheggio: è da lì che si costruisce il loro futuro"." (da Brunella Schisa, Ecco perché nelle scuole di oggi l'asino è lo studente che legge, "Il Venerdì di Repubblica", "La Repubblica", 15/10/'10)

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