venerdì 3 ottobre 2008

La coscienza di scrivere


"Un artista e uno scienziato, seduti attorno a un tavolo a discutere di 'scrittura e coscienza'. E' il tema della conversazione tra il romanziere Ian McEwan, autore di Espiazione, di Sabato e di tanti altri bestseller internazionali, e il filosofo Nicholas Humphrey, docente della London School of Economics, uno dei massimi studiosi della coscienza. Un dialogo che fa da prologo al Festival della scienza di Genova, che si terrà nel capoluogo ligure dal 23 ottobre al 3 novembre, ma che è stato presentato ieri a Londra, alla Wellcome Collection, per il ruolo di capitale mondiale della scienza rappresentato oggi dalla metropoli sul Tamigi. HUMPHREY: 'Negli ultimi vent'anni ci sono state molte ricerche sulla scienza del romanzo, ovvero su cosa succede nel cervello della gente quando ascolta qualcuno raccontare una storia. Che giudizio morale ne dà, che opinione se ne fa. Ci siamo evoluti per diventare animali sociali che vogliono risolvere problemi sociali: comprendersi, interrogarsi, confrontarsi. E facciamo questa operazione, principalmnete, attraverso un'opera di simulazione: mettendoci nei panni di qualcun altro. Chi ci ha aiutato in questa esplorazione della coscienza? I menestrelli, i raccontatori di storie, gli scrittori. Le storie, raccontate a voce nell'antichità o scritte su carta o in qualsiasi altra forma, ci aiutano più di ogni altra cosa in questa indagine'. McEWAN: 'Potrei rovesciare il concetto e sostenere che, negli ultmi vent'anni, con i loro studi e le loro scoperte, sono stati scienziati e filosofi a renderci più consapevoli di che cosa avviene nel nostro cervello. Esistono tante posizioni a riguardo. Alcuni dicono semplicemente: la coscienza non esiste. Altri obiettano: la coscienza esiste, ma non si può spiegare, è un'illusione, un trucco, una magia. Qualcuno la paragona al jazz: se cominci a chiederti cos'è, non arriverai mai a capirlo. La mia opinione, per quel che vale, è che niente è più reale della coscienza umana'. HUMPHREY: 'Uno degli scrittori che ha meglio esplorato la coscienza è Lev Tolstoj, il quale disse una volta che il ruolo dell'artista è trasmettere al lettore un'esperienza umana, una sensazione, un sentimento, in modo che il lettore possa riconoscerlo come proprio'. McEWAN: 'Il lettore è davanti alla pagina e si interroga. Che cosa prova quel personaggio? Cosa significa trovarsi davanti a un dilemma e doverlo risolvere? Anna Karenina, Emma Bovary, David Copperfield, ci guidano nell'analisi della coscienza umana, e nell'impresa di capire la nostra coscienza, di capire chi siamo, di comprendere noi stessi. Oppure prendiamo una storia scritta tremila anni fa. Un uomo torna a casa dopo anni di peregrinazioni e la moglie, in principio, non lo riconosce. Siamo alla fine dell'Odissea, Penelope non riconosce Ulisse, finché lei lo pone davanti al test del letto, solo suo marito sa che non si può spostare, perché una delle gambe del letto è un albero. Ma, anche allora, quando lei lo riconosce, Ulisse fa quasi fatica a perdonarla. E' un sentimento universale, e dopo tremila anni continua a emozionarci perché anche noi siamo fatti così, ancora oggi'. HUMPHREY: 'Io trovo curioso che tutti abbiamo le stesse ansie. Fin da bambini a scuola, viviamo gli stessi interrogativi, le stesse paure, le stesse emozioni'. McEWAN: 'Mia figlia, quando aveva tre anni, un giorno si mise a studiare insieme a me le formiche che correvano ai suoi piedi. Come sono piccole, diceva, devono avere un cervello piccolissimo, così piccolo che avrà posto solo per due pensieri. Le chiesi, divertito, quali fossero, e lei rispose pronta: entrare e uscire!'. HUMPHREY: 'Tutto il sapere del mondo in due parole, si potrebbe dire. Eppure, e scusate se parlo di una delle mie teorie, un uomo guarda il rosso e vede rosso, un altro uomo guarda lo stesso colore e vede verde, giallo o blu. Voglio dire che, anche se siamo fatti in modo così simile, è difficile trasmettere con l'immagine o con la parola la medesima sensazione a tutti'. [...]" (da Enrico Franceschini, La coscienza di scrivere, "La Repubblica", 03/10/'08)

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