lunedì 27 ottobre 2008

Il romanzo non è atomico


"Paolo Giordano ha il viso incorniciato da quella barba incolta che richiede molta cura e gira con le maniche rimboccate alla Baricco. Non che lo frequenti, ma è stato un allievo della sua Scuola Holden, e quando scrive si sente. Tocca a lui, 26 anni, fisico delle particelle, il più giovane vincitore del Premio Strega, ricucire la secolare ferita che in Italia si è aperta tra scienza e letteratura. Ci proverà in dialogo con Vittorio Bo al Festival della Scienza di Genova il 28 ottobre nelle sale del Palazzo Ducale. Matematico è il titolo del suo romanzo, La solitudine dei numeri primi (Mondadori), che corre verso il milione di copie. Un 'caso'. Ma letterarioo scientifico? O forse questo romanzo scavalca l’annoso dilemma? Sappiamo che siamo fatti di quark se non altro perché un programmadi Piero Angela ce lo ricorda da trent'anni, e che in principio fu il Big Bang. Viaggiamo su auto guidate dai satelliti Gps. Scaldiamo i surgelati con le microonde dei radar. Ascoltiamo i cd grazie a un raggio laser. Decidiamo il weekend guardando foto riprese da satelliti meteo in orbita a un decimo della distanza della Luna. Ci curano farmaci ottenuti con l’ingegneria genetica. Cancelliamo le rughe con cipria nanotecnologica. Lavoriamo al computer. Insomma, scienza e tecnologia sono carne sangue e ossa della vita quotidiana.
Eppure, ora che non ci sono più Primo Levi e Italo Calvino, gli scrittori italiani le ignorano. Nel romanzo italiano trovi amore, sesso, storia, lotte sociali,
politica, costume, tanto io, tanto narcisismo autobiografico. Non scienza e tecnologia. Primo Levi era un chimico e Calvino qualcosa aveva respirato in casa: 'I miei erano botanici. Forse sono diventato scrittore per fuggire alla scienza ... Poi ci sono tornato naturalmente, come in un percorso circolare. Mi sono avvicinato alla scienza attraverso l'astronomia'. Abbiamo avuto e abbiamo medici scrittori: in Tobino psichiatra troviamo il manicomio di Magliano, in Bonaviri le scienze naturali si rifugiano nel vocabolario, in Vitali ci si dimentica il camice e ritrovi la provincia alla Piero Chiara. Daniele Del Giudice, scrittore che spesso si muove in ambienti scientifici, è un isolato. Curioso ma cabarettistico è l'uso ironico delle conoscenze scientifiche che troviamo in Stefano Benni. Comunque di solito il percorso va dalla scienza alla letteratura, non viceversa. Soprattutto, non si vede una narrativa nella quale la scienza sia davvero metabolizzata. Rimane uno spunto esterno. Incluso l'Umberto Eco del pendolo di Foucault o della linea del cambiamento di data. Anche i numeri primi di Paolo Giordano sono solo una metafora, tant’è vero che il titolo l’ha scelto l’editor Antonio Franchini della Mondadori. Sono primi i numeri divisibili solo per 1 e per stessi. All'inizio della numerazione ce ne sono parecchi, poi si diradano e non c’è una regola per scoprire dove saltino fuori. Però in qualche caso ne troviamo due vicini, separati da un numero pari. Nel romanzo di Giordano questi numeri gemelli eternamente separati sono l’immagine dei protagonisti Alice e Mattia. Forse però non basta per dire che scienza e letteratura diventano una cosa sola. Questa è invece la sensazione che hai, per esempio, leggendo Richard Powers, romanziere americano titolare di innumerevoli bestseller, un aspirante fisico (University of Illinois) laureato in lettere. Senza illusioni scientiste né tentazioni irrazionali, Powers ti racconta il mondo nucleare ne Il dilemma del prigioniero (Bollati Boringhieri), intreccia informatica genetica e musica in The Gold Bug Variations, porta le neuroscienze nel Fabbricante di echi, appena uscito da Mondadori. Richard Feynman, Nobel per la fisica (1965), scrisse nel 1955 una poesia: 'In piedi davanti al mare / meravigliato della mia meraviglia: io / un universo di atomi / un atomo nell'universo'. Versi deboli, ma è interessante il commento: 'Nessuno si sente ispirato dalla nostra immagine attuale dell’universo? Questo valore della scienza non viene cantato dai cantanti, siete ridotti ad ascoltarlo non in musica o in versi, ma in una conferenza. Non siamo ancora in un’era scientifica'. Non credo che Feynam volesse la scienza nella letteratura come Stalin ci voleva i soviet. Osservava, invece, che nel nostro tempo le grandi intuizioni della fisica, della biologia, della matematica non sono ancora metabolizzate, non sono il sangue, la carne, le ossa di chi scrive, e per questo gli scrittori - specialmente quelli italiani - perdono una grande occasione, tanto che Primo Levi definiva la sua conoscenza della chimica un 'vantaggio illecito' di cui godeva rispetto agli altri narratori. E’ scienza metabolizzata - e quindi capace di ironia - quella di Borges che scrive l'Argomentum Ornitologicum, La biblioteca di Babele o Il giardino dei sentieri che si biforcano. Ma lo è anche quella di Dino Buzzati nel racconto I sette messaggeri, metafora medievale della cosmologia moderna vincolata al limite insuperabile della velocità della luce. Lì la scienza è un ingrediente come tutti gli altri, come dovrebbe essere. Come noi siamo il latte e le bistecche che ci diede la mamma. Se è così, il processo di integrazione della scienza nella cultura italiana sarà compiuto solo quando un giovane fisico trionfatore allo Strega non ci sembrerà più un (meraviglioso)
mostro con due teste." (da Piero Bianucci, Il romanzo non è atomico, "TuttoLibri", "La Stampa", 25/10/'08)

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