mercoledì 8 ottobre 2008

Gian Carlo Ferretti


"Quando si dice il bernoccolo ... Il nostro maggiore storico dell'editoria, il gran curioso dei versanti più segreti del libro, Gian Carlo Ferretti, è sempre stato in anticipo sui tempi. Critico letterario, ex responsabile della pagina culturale dell'Unità, già da collaboratore in erba del Tirreno dedicava i primi pensieri e parole al mercato della cultura che successivamente indagherà in tanti suoi scritti (da Il mercato delle lettere, Einaudi, al recente La lunga corsa del Gattopardo. Storia di un grande romanzo dal rifiuto al successo, Aragno). Un mercatino, quello dell'immediato dopoguerra con la diffusione del libro come fenomeno di massa di là da venire, ancora nell'età dell'innocenza, destinata a terminare con il boom degli Anni Sessanta. A giorni la nostra editoria mostrerà tutti i suoi gioielli nella gran vetrina della Fiera internazionale del libro di Francoforte. Ferretti, lei che i libri li pesa non solo in base alla qualità letteraria ma anche sulla bilancia della loro diffusione, nel suo diario di lettura quale voto dà agli editori italiani in mostra? 'Il quadro è abbastanza vivace e ricco. Le nostre fucine funzionano, sono scoppiettanti. Certo, esiste il problema non indifferente dei lettori che scarseggiano. E in campo narrativo l'Europa e anche gli Stati Uniti godono di minor salute rispetto ad altre letterature, da quella turca, quest'anno ospite d'onore alla Buchmesse, a quella del continente nero o a quella indiana'. Non a caso sul tavolo milanese del prof, a fianco dei dossier di lavoro ben impilati, c'è Shalimar, il clown (Mondadori) di Salman Rushdie, romanzo corale di amore e gelosia tra Kashmir, Usa, Europa, che lo studioso ha appena terminato di leggere. Quanto a produzione, insomma, non va male. La Belle Époque dell'editoria italiana però esplodeva alcuni decenni fa. Oggi, rispetto ai tempi d'oro, agli Anni Sessanta-Settanta, cos'è cambiato? 'Si è dissolto quel terreno fertile in cui si confrontavano e si scontravano corpo editoriale ed autore, a volte in maniera anche contraddittoria. Un esempio? Livio Garzanti, geniale editore di Carlo Emilio Gadda, era noto per le sue doti di Giano bifronte, per i suoi sgarbi, le ire improvvise e poi per la sua gentilezza e signorilità. Tra l'altro non poteva stare a colazione da solo con il suo autore preferito, Pier Paolo Pasolini senza litigare. Prima di ogni incontro, soprattutto verso la fine del loro rapporto professionale, Pier Paolo mi telefonava: 'Gian Carlo vieni anche tu, non mi lasciare solo'. E io andavo come un paraninfo, uno che cerca di metter pace in una coppia rissosa. Questo tipo di autorità quasi dittatoriale tuttavia aveva i suoi vantaggi e riguardava anche altri editori'. Arnoldo Mondadori e Giulio Einaudi? 'Arnoldo i partner editoriali li sapeva scegliere. Eccome. Grazie a loro si documentava molto. Ma alla fine decideva lui. Godeva di carisma indiscusso. Suo figlio Alberto nelle lettere gli scriveva: 'Vorrei essere come te, vivere accanto a te'. Arnoldo era un modello. Anche per il fiuto. Pubblicò Via col vento cogliendo al volo un'occasione d'oro. Einaudi, per contro, nonostante gli aneddoti sulle sue abitudini principesche e sul suo snobismo, nelle famose riunioni del mercoledì sapeva ascoltare. E imboccava la sua strada anche in base ai suggerimenti dei collaboratori. La prepotenza comunque non gli mancava. Lo ricordo al ristorante mentre aspetta impaziente la sua pietanza: prende un cucchiaio e si beve il brodo direttamente dal piatto di Paolo Spriano, destinato a diventare lo storico ufficiale del partito comunista italiano'. Più umile il 'cumenda' Angelo, creatore della Rizzoli? 'Lo chiamavano il re Mida. Tutto quello che toccava diventava oro, giocava in Borsa e gli andava bene, costruiva alberghi, terme, con grandi profitti. Non era un pozzo di scienza. Ascoltando una discussione su due personaggi per lui sconosciuti, Tolstoj e Dostoevskij, intervenne con accento meneghino: 'Ma insomma quel Tolstoj lì, l'era poi il Dostoevskij ...'. Era convinto che l'uno fosse lo pseudonimo dell'altro. Ma anche lui ci sapeva fare. Pubblicò La vita agra di Luciano Bianciardi a occhi chiusi, senza averlo letto, solo 'annusandolo' e facendosi raccontare la trama'. L'incontro-scontro così educativo per l'autore se lo augurerebbe anche adesso? 'Certamente. Prendiamo Baricco, Mazzucco, Veronesi, e altri, bravi non c'è dubbio. Mancano però di 'tenuta'. Il tempo li logora. Ma questo dipende anche dall'editore che non li sa allevare. Una volta era come se lo scrittore andasse a scuola. Un esordiente che voleva pubblicare da Einaudi prima era ammesso alle elementari, la celebre collana I Gettoni di Elio Vittorini. Eventualmente passava alle superiori, ai Coralli, e poi all'università, ai Super Coralli. Oggi questa cura progressiva del narratore è completamente Sparita. Una consuetudine che aveva anche Mario Spagnol che alla Longanesi cercava di coniugare qualità e successo'. A volte si tenevano nel cassetto opere e autori non ideologicamente graditi. 'Si puntava molto sulla riconoscibilità. Tra gli scaffali di una libreria sapevi che una certa copertina era di destra e un'altra era di sinistra. Però lo aveva predetto Bianciardi negli anni '60: 'Arriveremo a vedere le opere di Stalin pubblicate da Rizzoli, e Sant'Alfonso de' Liguori uscire da Feltrinelli''. Rimpiange censure e steccati? 'Per niente. Ma le case editrici si distinguevano per la corsia preferenziale che avevano deciso di praticare. Case come l'Einaudi non potevano ignorare in certi casi, il Pci. Le opere di Nietzsche vennero passate ad altri. Ma non c'è di che stupirsi. Non rientravano nella linea editoriale di Via Biancamano. Però si fecero uscire autori considerati 'reazionari' come Karl Kerényi e Mircea Eliade. I rifiuti del resto fanno parte della storia dell'editoria. Mondadori non volle la serie 007 di Ian Fleming, perché lo riteneva un autore pornografico, e finì da Garzanti. Che, a sua volta, costrinse Pasolini a far pulizia nel lessico dei suoi romanzi ritenuto troppo volgare. Tutto si recupera. Calvino ebbe dei no per Il sentiero dei nidi di ragno. Il Gattopardo fu rispedito al mittente, ma fu pubblicato da un grande editore come Feltrinelli. Morselli si suicidò per il dolore di non riuscire a trovare ascolto dagli editori ma, nonostante la disgrazia, i suoi libri videro la luce'. Pecche attuali? 'La Mondadori, dovendo optare tra qualità e successo, valore culturale e commerciale, strategia di durata e stagionale, tende molto più al secondo momento. Diversa l'Einaudi di oggi, che, con la collana Stile Libero, per esempio, cerca di tenere insieme sperimentazione e mercato. Anche la Feltrinelli continua e rinnova la sua miglior tradizione. Come fanno alcune piccole case editrici. Alberto Mondadori aveva adattato ai libri quello che Paolo il caldo, protagonista dell'omonimo romanzo di Brancati, diceva di un'amante: 'Voglio sentire il sudore della sua anima'. Di fronte all'ardua sentenza 'pubblicare o non pubblicare', l'editore dovrebbe riferirsi al libro come l'ardente Paolo alle sue donne'." (da Mirella Serri, Con il cumenda la vita non era agra, "TuttoLibri", "La Stampa", 04/10/'08)

1 commento:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good