mercoledì 8 ottobre 2008

Il calore del sangue di Irene Nemirovsky

Mercoledì 8 ottobre uscirà in Italia l'ultimo romanzo che Irène Némirovsky scrisse prima di essere internata: Il calore del sangue (Adelphi).

"'Aspettavo che ritornasse la proprietaria di quella valigia. Così per tanto tempo non ho letto il manoscritto che vi era custodito'. Denise Epstein ha ancora ricordi precisi di Irène Némirovsky, nata in Ucraina, ebrea fra gli anni Venti e Trenta scrittrice di successo a Parigi. 'E per me e mia sorella Elizabeth, una madre tenera'. Catturata il 13 luglio 1942, si ritrovò poco dopo ad Auschwitz, dove morì di tifo il 19 agosto dello stesso anno. Nel frattempo anche al marito Michel Epstein toccò la medesima sorte. Prima di partire, affidò quella valigia elegante, di cuoio, con delle iniziali incise sopra, alle due figlie, Denise 13 anni, e alla piccola Elizabeth, cinque. Che da allora fuggirono da un nascondiglio all'altro. E vissero poi un vero calvario dopo la guerra, cercando di sopravvivere, materialmente e psicologicamente. La valigia sempre con loro. E' una questione di illusioni, 'di volerci credere', ricorda oggi Denise che ha scritto, con la giornalista Clèmence Boulouque, la storia della sua vita, Survivre et vivre, che uscirà per Denoel il 9 ottobre, uno dei libri più attesi di questa rentrée. A lungo, lei ed Elizabeth, scomparsa pochi anni fa, si sono ritrovate a rincorrere figure di donne incontrate per caso nelle strade di Parigi, convinte di aver ritrovato Irène. 'Pensavamo che forse era vittima di amnesia'. Denise l'aveva vista scrivere fitto su quelle pagine, fra il 1940 e il '41, quando la famiglia si nascose in un paesino, Issy-l'Eveque. 'Ma non sapevo se era un romanzo o un vero diario'. Poi Denise si è 'ricostruita', ha avuto tre figli 'e volevo dare loro un'infanzia felice, non all'ombra della morte'. Solo alla metà degli anni Ottanta si decise a leggere il manoscritto, una parola comunque impropria. 'Lo trascrivevo come se fossi uno scriba, per frenare l'emozione'. Era Suite francese, il romanzo (incompiuto) pubblicato postumo nel 2004 dalla Denoel (e tradotto in Italia da Adelphi), un milione e 500mila copie vendute finora in tutto il mondo. La Némirovsky è riemersa dall'oblio. Denise è appena rientrata da New York dove hanno inaugurato una mostra dedicata alla scrittrice al Museum of Jewish Heritage. Quell'esposizione finora non ha trovato un luogo disposto ad accoglierla in Francia. [...] In Survivre et vivre c'è questo ed altro, anche il ricordo un po' amaro di quando la stessa Denise ha fatto battezzare i suoi tre figli ('per le stesse ragioni di mia madre, per proteggerli. Ma poi mi sono vergognata di aver avuto paura in quel modo'). Quando ha curato Suite francese ha iniziato a venire regolarmente qui alla Denoel, nel Quartiere latino. Passava davanti all'Hotel Lutetia, un isolato più in là. 'Ma rivolgevo lo sguardo dall'altra parte'. Lei ed Elizabeth, ancora piccole, alla fine della guerra, andavano alla stazione ferroviaria, la Gare de l'Est, ad aspettare i convogli dei deportati sopravvissuti all'Olocausto, nella speranza di vedere scendere Irène e Michel. Inutilmente. Poi si spostarono, come altri familiari di ebrei scomparsi, all'Hotel Lutetia. Denise ed Elizabeth mostravano un cartello con i nomi dei genitori. Ancora inutilmente. Gli anni sono trascorsi e curare Suite francese per Denise ha rappresentato una sorta di terapia. 'Ora passo su quel marciapiede e posso guardare dentro all'albergo'. Sopravvivere. Ma soprattutto vivere." (da Leonardo Martinelli, Irène, cattolica per sopravvivere, "Il Sole 24 Ore Domenica", 05/10/'08)

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