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"Da una parte ci sono l'Eneide e l'opera omnia di Kafka, destinate dagli stessi autori alla distruzione e poi salvate per il bene dell'umanità. Dall'altra, ci sono i più recenti casi degli inediti di Kerouac e di Carver mandati in stampa, non senza critiche e nonostante i divieti precedentemente imposti. Meglio, insomma, bruciare o pubblicare? 'Come scrittore sono perplesso davanti alla pubblicazione di un inedito che doveva essere distrutto - dice Edoardo Sanguineti. Come critico la trovo invece opportuna perché fornirà nuovo materiale di studio e di approfondimento'. Sanguineti cita Virgilio e Kafka ('non abbiamo seguito la loro volontà e abbiamo salvato i capolavori'), analizza la reale volontà degli scrittori ('non sono morti in disgrazia, se davvero avessero voluto distruggerli lo avrebbero fatto loro stessi'), del reale valore di questi inediti ('lo giudicheranno i posteri, per adesso leggiamoli'). Secondo Franco Cordelli 'se Nabokov, che era un uomo consapevole, aveva deciso di far distruggere quegli scritti avrà avuto le sue ragioni'. E aggiunge: 'A parte poche grandi eccezioni i libri postumi non hanno mai aggiunto granché alla conoscenza di uno scrittore. Invece di pubblicare i postumi o di ripubblicare sempre i classici, sarebbe meglio mandare alle stampe opere che non sono mai state edite. Penso a Look at the arlequins! l'ultimo romanzo di Nabokov mai uscito da noi'. Giulio Ferroni sottolinea le differenze ('il caso di Petrolio di Pasolini è diverso: doveva uscire postumo, non doveva essere distrutto') anche di momento storico. 'Un tempo - dice - era difficile rispettare questa volontà di distruzione. Oggi, nell'epoca in cui tutto diventa visibile, si cerca di pubblicare tutto. Se fossi l'autore mi arrabbierei, ma come critico anch'io dico, aspettiamo di averlo letto. Ma dico anche: non facciamoci prendere dalla voglia della pubblicazione a tutti i costi che sta sempre più prendendo editori e critici'." (da Stefano Bucci, 'Salviamo i testi'. 'No, sono inutili', "Corriere della Sera", 19/01/'08)
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