mercoledì 23 gennaio 2008

Bibliografia di Cesare Garboli (1950 - 2005)


"[...] Basta un'occhiata per rendersi conto che Garboli scrisse molto e su argomenti disparati: dal teatro ai romanzi, dalla pittura alla poesia, dagli scacchi alle vicende legate all'attualità. Qualcuno, lui vivo, scambiò questa versatilità per dissipazione. Nulla di più lontano dal vero. A risvolti, occhielli, presentazioni di libri Garboli dedicava la stessa attenzione, lo stesso impegno che riservava alla redazione dei saggi più impegnativi. Scriveva con la naturalezza e la concentrazione di un pittore che disegna, senza smettere un momento; detestava ripetersi. Nei suoi scritti, anche i più occasionali, si rinvengono schegge di folgorante intelligenza: talvolta destinate a riapparire in un contesto diverso, più spesso buttate lì, con gratuita generosità - e tuttavia non dimenticate, come mostra l'archivio di ritagli che ha reso possibile questa bibliografia. Giunto alla fine della vita lo scrittore che aveva profuso energie in un lavoro (come amava dire) 'servile', dedicato agli scritti altrui, volle lavorare al proprio autoritratto, sottraendo una serie di scritti anonimi o poco noti alla dispersione e all'oblio. Che cos'è un critico? Nell'autobiografia retrospettiva consegnata al saggio Pianura proibita Garboli provò a rispondere a questa domanda. Se l'era posta anni prima, per interposta persona, nell'interrogazione retorica con cui si apre il saggio Longhi lettore: 'Se non fossero mai stati dipinti dei quadri, Longhi avrebbe mai scritto un rigo?'. Garboli non sarebbe mai diventato lo scrittore (straordinario scrittore) che fu se non fossero stati scritti i libri che amava e su cui ritornava di continuo. E' vero: nel caso di Longhi parlare di pittura implicava (come osservò Garboli) una traduzione, sia pure in senso lato. Ma in senso ancora più lato il critico inevitabilmente traduce, interpreta, la lingua in cui è scritto l'originale. Su questo rapporto asimmetrico, segnato dalla dipendenza, Garboli tornò ripetutamente, paragonando il critico ora a un attore, ora a un servitore. Sono metafore che si illuminano a vicenda. L'attore è al servizio di un testo che senza di lui non esisterebbe. Il legame tra servo e padrone, che sollecitò le riflessioni di Diderot (e poi di Hegel) è altrettanto ambiguo. Ma attraverso il rapporto conoscitivo la dipendenza del critico dall'autore si rovescia nel suo contrario. Il critico gioca coi suoi materiali, li manipola: 'Al mattino (...) ho entusiasmo ed energia. Mi smebra di giocare. C'è una fitta rete di relazioni tra la macchina da scrivere, i foglietti, gli appunti, il bianchetto, lo scotch' disse di sé Garboli parlando con Grazia Cherchi. Forse deliberatamente, forse no, Garboli riecheggiava quanto aveva scritto anni prima: 'La prima cosa che colpisce nella scrittura di Longhi è la tendenza al gioco, gioco che si direbbe anche il piacere di manipolare degli strumenti di lavoro, schede, fotografie, loupe, ingrandimenti, come fossero tarocchi; il gioco investe le parole, le fa entrare nel suo orizzonte; e subito si comincia a intravedere un senso scientifico che marcia verso la forumla giusta e l'enunciato insostituibile; ma intanto, si è introdotto nella pagina un senso letterario, ghiribizzoso, fumoso, dispettoso, irrequieto, capriccioso. Il gioco è già cambiato di segno'. Qui Longhi è Longhi, ma è anche un modello di critico ideale. Garboli si è ispirato a lui percorrendo una via proprio e diversa, inventando un genere letterario in cui biobibliografie, prefazioni, documenti, note, glosse alle note, appendici, note alle appendici si sussseguono intrecciandosi. Si sarà riconosciuta la struttura labirintica dei libri costruiti da Garboli attorno alle poesie famigliari di Pascoli, al Journal di Matilde Manzoni, al carteggio tar Longhi e Berenson, via dicendo. E' un genere letterario in cui trovava sfogo una delle passioni che dominavano Garboli. Quest'uomo felice, circondato dall'ammirazione e dal successo, era un uomo incontentabile, che tornava continuamente sui propri scritti e sui propri autori, correggendo, annotando, variando il punto di vista. E anche l'autoritratto da lui preordinato, ed eseguito con scrupolo esemplare da Laura Desideri, obbedisce a quest'impulso vitale. Il lettore troverà nelle pieghe della cronologia e della bibliografia note, precisazioni puntigliose, furiose correzioni; e alla fine il 'serpentone', l'elenco degli scritti in ordine cronolgoico, che era stato estromesso dal piano originario ma che giustamente è ricomparso. Ma il libro è in sostanza quello che Cesare aveva voluto. Avrebbe preso in mano il volume fresco di stampa e l'avrebbe aperto avvicinandolo al naso, nel gesto che gli era consueto, per sentire il profumo della colla." (da Carlo Ginzburg, Tutto Garboli, la sua vita in una bibliografia, "La Repubblica", 23/01/'08)
I libri di Carlo Ginzburg

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