sabato 19 gennaio 2008

Carlo Porta, Trenta poesie


"Qualche anno fa, a Milano, per la presentazione di un saggio che aveva a che fare con la letteratura lombarda, si decise di offrire un saggio dalle poesie del Porta (in particolare dalla Ninetta). Si alternarono al microfono due attrici che, non sapendo il dialetto milanese si erano fatte erudire come potevano. Sbagliarono diverse parole, con effetti anche comici. Era il rovescio esatto di quanto accadeva in passato, quando i parlanti dialetto, che erano la maggioranza, affettavano un italiano approssimativo e alla fine buffo o pretenzioso, come certe damazze del grande Carlino. Dunque ben venga la recente antologia portiana (Trenta poesie) appena pubblicata dalla Hoepli a cura di Gino Cervi (è un omonimo) e con due cd che offrono alcune poesie lette da Carlo Bajini. Carlo Dossi, nelle Note Azzurre, si era augurato che non capitasse mai ai futuri milanesi la disgrazia di non poter più comprendere e gustare Carlo Porta. Dal Dossi è trascorso più di un secolo. Porta ha avuto le cure somme di Dante Isella, il grande filologo da poco scomparso, che allo studio dell'opera portiana ha davvero dedicato una vita, ma il contesto della città è talmente cambiato da non essere più riconoscibile. Nel momento in cui Porta è sicuramente accreditato tra i grandi dell'Ottocento e tra i grandi tout court della letteratura italiana, le possibilità di leggerlo diminuiscono. Molti decenni fa Natalino Sapegno osservava che l'ostacolo del dialetto si poteva vincere con un po' di buona volontà. Già, ma chi ce la mette? Per parte nostra possiamo assicurare che chi legge o ascolta questi versi ne trae gran godimento. E' tutta una società che rivive e capita persino di sentire i pettegolezzi che quattro ex monache si scambiano sugli scandali romani, dove il Papa (era Pio VII) va in estasi a mezz'aria mentre dic emessa ..." (da Paolo Mauri, Ecopass per Carlo Porta, "Almanacco dei libri, "La Repubblica", 19/01/'08)

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