"Insomma di cosa parliamo noi a distanza di secoli? Diciamo la verità: parliamo di Omero, Esiodo, Saffo, Dante. Perché gli uomini muoiono, sempre. E a raccontarli restano solo le parole dei poeti" (Nicola Crocetti)
"Un numero speciale in edicola e una festa, lunedì sera a Palazzo Reale. Così Nicola Crocetti ha deciso di festeggiare vent'anni della sua "Poesia", il 'mensile internazionale di cultura poetica' più letto e autorevole in Europa, che fondò nel gennaio del 1988. A testimoniare il successo della sua rivista, le cifre: 223 i numeri andati in edicola, 25 mila le poesie pubblicate, duemila i poeti che hanno scritto (tra i quali 37 premi Nobel), 20 mila copie vendute ogni mese con punte di 50 mila. Una rivista nata e cresciuta a Milano dove Crocetti, nato a Patrasso nel 1940, abita e lavora da anni. E negli anni a "Poesia" hanno lavorato e collaborato poeti come Giovanni Raboni, Patrizia Valduga, Milo De Angelis, Giancarlo Pontiggia e pubblicato i loro versi, spesso nella prima traduzione italiana, giganti come Czeslaw Milosz, Yannis Ritsos, Derek Walcott e Adam Zagajewski, oggi punta di diamante dell'Adelphi e candidato al Nobel. Abbiamo incontrato Nicola Crocetti nella redazione milanese dove ogni giorno trasforma l'inchiostro in "Poesia". [...] Scommettere anche sugli sconosciuti è sempre stato il punto forte della rivista: anche "Poesia" è nata come una scommessa. 'L'idea mi venne negli anni '70, durante i miei studi universitari negli Stati Uniti. [...] Allora, ma purtroppo in buona parte ancor oggi, in Italia prevaleva un linguaggio iniziatico e accademico.
"Poesia" ha cercato di rompere con questa tradizione, di far leggere la poesia a chi la ama senza farlo sentire inferiore. Poco dopo aver fondato la mia piccola casa editrice di poesia, nel 1980, cominciai a pensare a una rivista a grande tiratura. Ero convinto che il pubblico ci fosse'. Lo scrittore e critico Anceschi negli anni '80 scriveva che la poesia a Milano viveva nei 'salotti da plaquette', nel 'trionfare di una mediocre burocrazia editoriale con i suoi riti'. E' cambiato qualcosa? 'Anceschi era molto severo, ma altrettanto competente. La situazione della poesia richiederebbe un trattato. Semplificando, credo di poter dire che il problema maggiore della poesia italiana sia la divisione in conventicole, cricche, fazioni, l'una contro l'altra armata. Forse esagero, ma credo sia raro imbattersi in poeti che in privato esprimano stima e solidarietà nei confronti di altri poeti che non siano loro amici, o che 'non possano più nuocere', cioè siano morti. Alla base di tutto credo ci sia il fatto che la poesia è la forma d'arte meno 'sponsorizzata'. Una persona che dedica tutta la vita alla poesia può aspettarsi ben poco in cambio: un libro da un editore serio, qualche recensione, un premietto. E deve pensare molto. Perciò uno si cerca un 'padrino': un poeta affermato, una rivista, un amico compiacente. La poesia avrebbe bisogno di mecenati. Uno c'è, è l'industriale Aragno: mentre altri comprano squadre di calcio, lui ha fondato una casa editrice. Ma altri forse devono ancora nascere ...". (da Gian Paolo Serino, Da vent'anni sbatte i poeti in prima pagina, "La Repubblica", 10/01/'08)
L'inedito di Valerio Magrelli:
Ninna nanna
Mi domandi perché non ti accarezzo,
perché non cerco più di starti
accanto. Ma devi capirlo,
è la coda, il pungiglione tuo,
che mi spaventa, [...],
perché ogni volta che mi accosto
sibila quell'arpione
e sento il gelo del veleno
piombarmi nelle ossa.
Sei sempre tu, la lama che
mi entra dentro la schiena
mentre ci abbracciamo?
E' lei, che bussa mentre
sto parlandoti, e dolcemente
scende sulla nuca?
Ti voglio bene, ma non a tutta quanta,
solo mezza creatura posso amare,
quell'altra no, perdonami, ma è troppo
chiedere di baciare anche il rasoio.
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