"Forse sarebbe a questo punto più interessante studiare e finalmente rivalutare le ragioni dei pochi o tanti che a Qumran sul Mar Morto, a Mogao nel deserto del Gobi, a Nag Hammadi in Egitto – ma anche a Firenze nel 1966 – più simili agli Uomini/Libri di Bradbury che a dei bibliotecari veri e propri, hanno salvato qualcosa: un rotolo, una tavoletta, un manoscritto, una storia, una memoria. Coloro che hanno custodito, nascosto, curato quella delicata e vulnerabile fede nel futuro che da qualche migliaia di anni – sì, è davvero una storia infinita – noi uomini affidiamo ai libri."
Storia universale della distruzione dei libri (Viella, 2007): "Quella che state per leggere è una storia infinita. Comincia qualche migliaio di anni fa (cinquemila, seimila, di più?) con i primi libri dell'umanità e le loro immediate, precoci distruzioni. Perché da subito ogni guerra e tutti i conquistatori, mentre si appropriano di terre e massacrano uomini, coltivano l'insopprimibile impulso e la tracotante necessità di cancellare le culture nemiche — la memoria custodita da tavolette, rotoli, papiri, codici, nei supporti e nelle forme che la genialità umana ha via via inventato per registrare, raccontare, lasciare traccia di sé, investigare il proprio destino. Ma quella che state per leggere è una storia infinita per una ragione più inquietante: non finisce mai. I distruttori hanno cambiato strumenti e tecnologie, quello che un tempo faceva il fuoco oggi è prodotto dalle censure della Rete, dal digital divide, dalla distruzione degli archivi elettronici: pratiche che per così dire integrano ma non eliminano le più tradizionali, come raccontano le cronache a noi contemporanee. Il caso della fatwa globale contro I versi satanici di Salman Rushdie è solo il più clamoroso e 'mediatico' - e comunque ha lasciato sul terreno almeno una vittima, il traduttore giapponese Hitoshi Igarashi, che non andrebbe dimenticato."
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