Biblioteca civica "MINO MILANI" bibliogarlasco@yahoo.it tel. 0382/801009 "Le paradis, à n'en pas douter, n'est qu'une immense bibliothèque" (Gaston Bachelard) SELEZIONE DI ARTICOLI SULL'UNIVERSO-LIBRO
lunedì 26 novembre 2007
Alice MUNRO, La vista da Castle Rock
La vista da Castle Rock (The View from Castle Rock) il nuovo romanzo di Alice Munro: "'Sapevo come la pensavano su Michael. Lo giudicavano uno che sorrideva troppo largo, che si sbarbava e si lucidava le scarpe troppo meticolosamente, uno troppo bene educato e cortese. Che probabilmente non aveva mai pulito una stalla, né aggiustato uno steccato. Avevano un’abitudine tipica dei poveri - specie dei poveri condannati al peso di un’intelligenza superiore a quella che, per condizione, si vedranno mai riconosciuta -, l’abitudine o il bisogno di trasformare chi stava meglio, o chi sospettavano si reputasse migliore, in autentiche caricature'. Questa è Alice Munro che riflette sull’atteggiamento dei suoi verso il futuro primo marito, il cui cognome almeno come autrice porta ancora; ed è un passo caratteristico della lucidità di penetrazione con cui, anch’essa senza ombra di dubbio condannata al peso di un’intelligenza superiore, capisce le persone. Di solito nei racconti che l’hanno resa famosa ('il nostro Cecov', l’ha definita Cynthia Ozyck) la Munro attinge alla propria esperienza diretta, parlando di persone e situazioni quotidiane, in quel Canada di provincia dove grazie a lei, le passioni umane essendo uguali dappertutto, ci aggiriamo con disinvoltura. Mai prima d’ora però era stata così direttamente e dichiaratamente autobiografica. In questo senso il libro è una novità, anche se il tono e gran parte della materia assomigliano talmente a quelli delle raccolte precedenti, da potersi facilmente confondere con loro. La Munro stessa sembra vagamente a disagio davanti all’iniziativa, e con un certo puntiglio si premura, nella parte iniziale, di distinguere quello che è vero da quello che è inventato, o meglio, rielaborato. Volendo infatti parlare di sé solo come punto di arrivo di una specie di evoluzione dinastica, la narratrice ricostruisce la saga della propria famiglia a partire dagli esponenti più lontani, contadini scozzesi emigrati nel Nuovo Mondo nella prima metà del secolo scorso, uno dei quali, donde il titolo, ingenuamente credeva che la terra promessa fosse addirittura visibile dalla sommità del castello che domina Edimburgo. E’ la parte dove certi documenti citati, brani di diario e altre reminiscenze di pionieri, più o meno sgrammaticate, sono giustapposti a pagine in cui la Munro calandosi nei panni di costoro descrive realisticamente i disagi della traversata o le epiche fatiche dei primi insediamenti. Ma diciamo la verità: questi antenati dalla moralità rigidissima e dall’indefessa capacità lavorativa non presentano poi troppi tratti che li rendano irresistibilmente interessanti, e malgrado l’onesto impegno con cui la discendente ne ripercorre le traversie, sospettiamo che su di loro il suo genio sia sprecato. Il sospetto diventa certezza appena arriviamo alla materia di cui colei che era stata condannata a un’intelligenza superiore parla per esperienza diretta, e chiude i conti col padre che tenta di emanciparsi dal duro destino del coltivatore prima catturando poi allevando animaletti da pelliccia, manipolati e trucidati per ricavarne un profitto che non fu mai davvero soddisfacente (da vecchio, uomo discretamente intelligente anche lui, questo padre rifletterà sull’enorme numero di bestie così ammazzate a sangue freddo); con la madre intraprendente conciatrice e venditrice di spoglie, presto però penosamente sconciata dal morbo di Parkinson; e con altri adulti e ragazzi che a tempo loro entrarono in contatto con l’eccezionale creatura, figlia dei campi non conciliabile col proprio ambiente date le proprie pericolose inclinazioni a leggere e a pensare. Al momento costoro furono magari registrati senza senza troppo incidere. Oggi però la rievocatrice analizza mirabilmente sia i loro limiti sia le proprie superate goffaggini, e dalla riflessione approda a una accettazione lucida, affettuosamente ironica, priva di qualsiasi rancore." (da Masolino D'Amico, Gli avi opachi di Alice, "TuttoLibri", "La Stampa", 19/01/'08)
"Climbing the Family Tree" (da GuardianUnlimitedBooks)
"The Lamp in the Mausoleum" (da NYBooks)
The View from Castle Rock (da TheNewYorker)
In questi giorni al Torino Film Festival il film Away from Her di Sarah Polley, tratto dal racconto di Alice Munro "The Bear Came over the Mountain".
"Away from Her" (da NYTimesMovies)
"Away From Her: Into Blankness, Beautifully" (da NPR.org)
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