martedì 23 agosto 2011

Pierdomenico Baccalario: 'Mi è sempre piaciuto aver paura'


"Mi è sempre piaciuto aver paura. Da bambino ero terrorizzato dalle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, da Pinocchio e dalle favole dei Fratelli Grimm (nell'edizione Hoepli). Avevo il panico ogni volta che Alice incontrava un nuovo personaggio e non riuscivo a guardare le illustrazioni di Pinocchio mentre veniva impiccato. I Grimm, poi, avevano trasformatoi boschi di casa in un regno oscuro, popolato di creature affascinanti, che scomparvero solo quando mi fecero vedere i cartoni animati di Walt Disney.
Poi arrivarono i film spaventosi, che venivano trasmessi ad agosto, alla mezzanotte del venerdì. Ci si barricava in casa di questo o di quell'altro amico per guardarli insieme e farsi coraggio. L'horror era una categoria del fantastico, come la fantascienza e il fantasy, allora in netta minoranza. I libri si compravano per lo più in stazione e si sceglievano per colore: bianchi quelli della Fanucci (che pubblicava Tim Powers), oro e argento quelli della Nord (che aveva Fritz Leiber), grigi e azzurri quelli della Mondadori (che preferiva le antologie di racconti). Per poter leggere quella "robaccia" dovevamo far quadrato tra appassionati, infischiandocene delle critiche, della scuola e dei consigli dei parenti. Macinavamo paure immaginarie per crescere, o almeno sperando che funzionasse. Erano libri con regole di genere ben delineate. C'erano le oscure creature de I mostri all'angolo della strada di Lovecraft, la Praga mormorante de Il Golem di Gustav Meyrink, la New York ipocrita di Rosemary's Baby di Ira Levin. E l'amicizia era l'unica arma per rompere la ragnatela di It di Stephen King. I ragazzi non erano ancora diventati una categoria di marketing editoriale e, abbandonati nel limbo delle storie, avevano libero accesso a fantasmi, mostri e vampiri, angeli e demoni, alchimie e decadenze. Ce n'era per tutti i gusti, dagli zombi senza piedi di H. S. Whitehead (Storie indicibili), alla società dei cattivi bambini de Il Signore delle Mosche di William Golding. C'erano idee grandiose e abissi sconfinati, brividi sottili e persistenti. Sensazioni che oggi fatico a ritrovare con la stessa intensità, tanto da domandarmi dove siano finite, e di chi sia la colpa.
Non è certo una novità: già due secoli fa Dickens rimproverava a Poe di aver ridotto il gotico a una semplice atmosfera. Ma oggi l'orrore si è anestetizzato, riducendosi a semplice codice estetico, a scenografia per altre storie: il noir, il fantasy, il romanzo d'amore, persino la commedia (pensate a La Sposa Cadavere). Nella narrativa il fenomeno è iniziato probabilmente con il vampiro Lestat di Ann Rice che ambiva a diventare una rock-star, ed è continuato a impoverirsi fino ai giorni nostri. A ridefinire il genere è stata la speranza di conquistare le giovani lettrici, che consumano molti più libri dei maschietti, e l'idea, più generale, che nelle storie ci si debba identificare facilmente. Ecco allora le tante saghe pseudo-horror che popolano le nostre librerie da Fallen di Lauren Kate (Rizzoli) ai diari del Vampiro di Lisa J. Smith (Newton Compton). Tutte scritture capaci di trame senza intoppi che creano mode, look, segni distintivi, appartenenze. Che si chiamino Dark, Emo, Neo-Gothic, ai ragazzi è sempre piaciuto far parte di una cerchia ben definita. E definire i propri nemici. Angeli contro demoni. Vampiri contro mannari. Vivi contro morti. Noi contro voi. Ogni gruppo è minacciato, gli equilibri sono sempre fragili, le regole inviolabili, nessuno ci può capire. Fino a quando, ovviamente, i protagonisti ribelli non si innamorano e superano ogni difficoltà. Ripetitivo, ma in qualche modo iconico.
In The Enemy di Charlie Higson (De Agostini) i ragazzi sono gli unici sopravvissuti a una malattia che ha trasformato i Grandi in zombi: è una storia un po' videogioco e un po' reality show, ma è una buona metafora dell'incomunicabilità generazionale. "Per mio padre che io sia innamorata di un vampiro, di un angelo o di un ragazzo straniero è lo stesso problema" mi ha confidato una lettrice. E forse è di questo che sta leggendo, o che spera di leggere. Io avrei voluto fornirle alcuni consigli di lettura come Il bacio d'argento, di Annette Klause (Salani), Abarat di Clive Barker (RCS), Pan di Francesco Dimitri (Marsilio) o la graphic novel Swamp Thing di Alan Moore (Planeta). Persino un Abbiamo sempre vissuto nel castello, di Shirley Jackson (Adelphi), ma poi il suo ragazzo mi ha mostrato un libro che iniziava a pagina 625 e procedeva al contrario. Si intitola L'orda del vento, di Alain Damasio (Tea), un libro difficile, complicatissimo, che non risponde a nessuna logica di mercato. Lui mi ha detto che "è un capolavoro", convinto che io non lo stessi ascoltando. Si sbagliava. Ma non sul libro." (da Pierdomenico Baccalario, Vampiri o zombie, vince l'orrore soft, "La Repubblica", 23/08/'11)

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Il rosa per ragazzi (da "La Republica")

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