lunedì 23 maggio 2011

Memorie di un venditore di libri


"«Sentite a me: 'e libri nun se vendono! Ma nun è che nun se vendono mo'. 'E libri nun se so' venduti maie!». Parole (sante) di uno che i libri ha cercato di venderli ai librai, mestiere difficilissimo. E nella zona più sfortunata, il sud dell'Italia. «'A Calabria? La Calabria è debole in tutto, la Calabria è un peso per l'Italia». «'A Lucania? 'A Lucania nun avesse proprio esistere 'ncoppa 'a carta geografica! Nuie tenimmo nu cliente a Matera, a Potenza ne tenimmo n'ato cu' 'o cunto chiuso, e uno a Maratea»...
Chi parla è Procolo Falanga, «eroe indegno» di un racconto spassosissimo – se i libri si vendessero dovrebbe essere in cima alla classifica, ma 'e libri nun se vendono ... – di Antonio Franchini che ora torna da Marsilio dopo essere apparso, anni fa, nell'antologia einaudiana I disertori, sotto il roboante titolo Su alcuni aspetti del mercato del libro del Mezzogiorno d'Italia. Ottanta pagine di puro divertimento, più di una risata a scena, anzi a pagina, aperta; una capacità, in Franchini, di cogliere il fine guizzo nel dettaglio sottile ma di non trascurare, quando ci vuole ci vuole, la grana grossa del racconto. Una risposta concreta ai soloni dell'editoria, un pernacchio memorabile ai trombonismi del mercato del libro, quelli che pensano che solo perché esistono i libri tutti li dovrebbero comprare. L'editore è facilmente identificabile in Mondadori, le situazioni sono quelle tipiche del lavoro degli ispettori, dei librai, dei direttori marketing. Un viaggio a Vienna e uno a Madrid a fare da quinte mobili per un personaggio, don Procolo (al secolo don Ferdinando: ovvio che sia esistito per davvero), memorabile, simpatico, imbattibile nella sua ironia.
Uno che dice le cose come stanno, che non illude gli scrittori, che racconta alle loro anime belle cosa sia il mercato del libro visto con i suoi occhi esperti: una sofferenza! Incontra così nel viaggio il poeta, il malcapitato Cattabiani. «È l'autore della raccolta La dissimulazione del decoro. Quante copie se ne venderanno, dite!» malignano i colleghi davanti all'autore, sapendo della tagliente dissacrazione di don Procolo. «Quanti ccopie? Ma chisto è nu "bollino giallo", direttamente!» «Un bollino giallo? E che cos'è un bollino giallo?» «Sono i libri che, appena escono dalla tipografia, noi diciamo che è come se avessero sopra un bollino giallo con su scritto "vado e torno", cioè esco dal magazzino delle novità e vado a finire subito in quello delle rese» ...
Don Procolo ha a che fare con i librai stagionali, quelli che, nei posti di vacanza, si improvvisano venditori di libri. E racconta le avventure surreali che gli capitano in quei posti. L'intenzione di «allargare il mercato» è mortificata da come il mercato risponde alle sollecitazioni. Anche se il libro e lo stesso don Procolo è rispettato e temuto: chi vende libri – a tutti i livelli – sa che essi non sono riducibili alla materia di cui sono fatti. Ciò non toglie che bisogna sempre essere pronti alla disfatta. E così, quando il grande Arnoldo gli chiede di andare un po' per librerie a «vedere come sta esposta la gloriosa Medusa», per Procolo son guai. Cerca un telefono a gettone e chiama il libraio: presto, «cacciate a Medusa». Perché, sì, anche la gloriosa Medusa, nun se vende. I libri, ormai lo sappiamo, non si sono mai venduti... Ma, datemi retta, almeno questo compratevelo, leggetevelo, divertitevi. Ogni tanto, prendiamoci in giro." (da Stefano Salis, 'e libri? Nun se vendono... Ricordatelo!, "Il Sole 24 ore" 22/05/'11)

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