lunedì 2 maggio 2011

La biografia diventa romanzo popolare


"Siamo sempre più ossessionati dalle vite degli altri che, come tanti fantasmi, popolano i nostri racconti al cinema e in televisione, nei libri di storia e in quelli della non-finction. Un genere antichissimo come la biografia sta attraversando una seconda giovinezza e non si narrano soltanto le gesta di defunti celebri come Malcom X o Gandhi, ma anche le azioni di uomini ancora in vita come lo scrittore Gabriel Garci­a Marquez o mister Apple Steve Jobs. E il fenomeno riguarda pure il mondo della celluloide.
Le vite degli altri occupano stabilmente i progetti televisivi e cinematografici tra l'Europa e gli Stati Uniti con le saghe senza tempo di grandi famiglie come i Borgia e i Kennedy o con le imprese del terrorista Carlos e del gladiatore Spartacus.
Anche il cinema hollywoodiano non smentisce la fissazione biografica di oggi investendo sul cosiddetto "biopic", e perciò siamo in attesa del film di Steven Spielberg su Abraham Lincoln (Redford ha già girato The Conspirator sul suo assassinio) e di quello di Martin Scorsese sul direttore dell'Fbi J. Edgar Hoover, mentre spuntano all'orizzonte i progetti europei dedicati a Lech Walesa e a Margaret Thatcher.
Siamo davanti a una schiera di vite di avventure di fede e di passione, a una falange di piccoli e grandi eroi dalle esistenze esemplari che riescono a imporsi nel nostro tempo videocratico, in cui si dimentica come si ricorda, in modo voracemente consumistico. Ci si interroga su quali siano le ragioni di questo rinnovato successo. Forse non sono diverse da quelle che hanno reso il genere biografico un classico della tradizione occidentale perché, come notava l' antichista Arnaldo Momigliano, «se c'è una sezione della narrativa storica che più potentemente riveli continuità di interessi, di informazioni, di forme di scrittura, questa è la biografia», con la sua tranquillizzante stabilità di temi e di problemi. Si ritorna ciclicamente alla biografia nei periodi in cui si vive una fase di smarrimento nel rapporto tra individui e istituzioni, quando, essendo insoddisfatti della propria vita, ci si rispecchia in quella altrui. La perdita di punti di riferimento saldi sul piano ideologico e sociale e la stessa organizzazione del lavoro inducono a ricercare icone identitarie, con progetti e destini strutturati in grado di rispondere al bisogno di radici che caratterizza società sempre più frammentate e precarizzate come le nostre. La biografia, dunque, ha il merito di incastonarsi nell'orizzonte d'attesa di oggi e questo rapporto produce l'uso, l' abuso e il conseguente consumo su scala mondiale da parte del mercato editoriale, televisivo e cinematografico.
Insomma, anche la "biografilia" sarebbe uno dei tanti sintomi in cui si manifesta, a livello culturale, la crisi della società attuale. Società e politica, tuttavia, andrebbero considerate insieme perché il genere biografico risponde a un'esigenza di semplificazione che concerne entrambi gli ambiti. In effetti, la curvatura plebiscitaria e carismatica assunta dalle forme di governo nelle democrazie occidentali induce a concentrare l'attenzione dei videolettori su uomini e donne del passato, capaci di imporsi nel loro campo in virtù della propria personalità eccezionale. Il carisma semplifica il discorso che lo esprime ed è subito percepibile al pubblico nella sua prorompente individualità, mentre la comprensione di processi più stratificati e complessi richiede tempo, distinzione e profondità maggiori, in altre parole, una criticità che non sembra sedurre lo "Zeitgeist" egemone oggi. Il successo del genere biografico interroga anche gli storici di mestiere e, a dire il vero, non lo fa solo da oggi. Anzi, negli anni Ottanta del secolo scorso, gli studiosi di storia hanno percepito per primi questo "ritorno al biografico", che oggi spopola nei circuiti commerciali di massa. L' irrompere della dimensione identitaria nell'analisi storico-sociale si è intrecciata con il "ritorno al narrativo" teorizzato da Lawrence Stone nel 1981. Si è trattato di una svolta metodologica di notevole portata che ha indotto gli storici a riflettere sui processi di invenzione della tradizione e a concentrarsi sulle modalità di costruzione dei gruppi sociali. Sempre Momigliano, già nel 1974, nel saggio sullo Storicismo rivisitato, sottolineava la fecondità del genere biografico che stava recuperando una propria centralità negli studi in forza della sua relativa semplicità, come reazione alla crescente complessità assunta dalle forme della storia politica e sociale. Un singolo individuo ha necessariamente un numero ristretto di relazioni significative e quindi consente di affrontare ogni tipo di problema «restando all'interno di frontiere ben definite», si direbbe controllabili. Nondimeno tale semplicità costituiva, secondo lo studioso, anche l'ambiguità e il limite del genere, giacché poteva rappresentare una scorciatoia per fuggire dalla ricerca sociale e dal modello della «storia problema», quella consapevole che il tempo cammina a velocità differenti, superiori al modesto ciclo biologico di un uomo. In effetti, sullo sfondo di queste riflessioni ha agito lo stimolo e il confronto con l'opera di Fernand Braudel, tra i fondatori delle Annales, che resta la più significativa e feconda esperienza storiografica del Novecento europeo. Non a caso il filosofo Paul Ricoeur con Temps et recit avrebbe indotto gli storici a riflettere sul ritorno al narrativo e all'individuale rielaborando sul piano dottrinario le novità costituite dalla rivoluzione delle Annales, allorquando segnalava nell'opera di Braudel una duplice contestazione: «quella del primato dell' individuo come ultimo atomo della ricerca storica e quella del primato dell'evento, nel senso puntuale del termine, come ultimo atomo del cambiamento sociale». Non sorprende pertanto che la riflessione più interessante sul recupero del genere biografico sia comparsa sulle pagine della rivista Annales nel 1989 a cura di Giovanni Levi, per il quale il ritorno di attenzione per la biografia e l' autobiografia costituivano una reazione alla crisi dei paradigmi interpretativi applicati allo sviluppo del mondo sociale fino agli anni Settanta. L'ondata biografica che oggi coinvolge il mercato «pop» è anche il prodotto di queste riflessioni anticipatrici che percepivano il tramonto di un modello culturale organicistico (per il quale non può esistere l'individuo al di fuori della società) anche nella storiografia.
I videolettori di oggi continuino pure a consumare in santa pace le vite degli altri, ma gli storici sanno di non dover coltivare troppo "l'illusione biografica". Questo genere è utile per comprendere il rapporto tra norme e pratiche, tra individuo e gruppo, tra determinismo e libertà, ma la storia, come ha insegnato Marc Bloch, è sempre scienza degli uomini al plurale, in quanto disciplina del diverso a cui si addice «meglio del singolare, favorevole all'astrazione, il plurale, che è il modo grammaticale della relatività." (da Miguel Gotor, La biografia diventa romanzo popolare, "La Repubblica", 30/04/'119

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