mercoledì 11 maggio 2011

L'Italia che legge


"L'Italia che legge, ma anche l'Italia che non legge. L'orgogliosa fotografia di famiglia e lo sconsolato journal di un Paese che rischia di perdersi. Da una parte la mostra trionfale (e discussa) dei centocinquanta capolavori che hanno fatto la penisola, dall'altra la mesta rappresentazione di un'Italia allergica alla lettura, condannata all'analfabetismo (di andata e di ritorno), profondamente diseguale nella composizione sociale e nella distribuzione geografica, che soltanto un deciso cambio di rotta può salvare dal naufragio. Tra autoritratto celebrativo e cronaca di un'attualità poco sorridente si apre il Salone internazionale del libro di Torino, appuntamento unico nel suo genere per il profilo multiplo e 'quadripartito' - come dice il suo anfitrione Ernesto Ferrero alludendo alla mostra mercato e all'evento culturale, alla rassegna per i ragazzi e allo spazio più specificamente professionale con centinaia di agenti ed editori da tutto il mondo. Un palinsesto che inevitabilmente mescola alto e basso, colto e popolare, riflessione intellettuale e successo mercantile, ma che oggi più che mai raccoglie la domanda di un'Italia smarrita, anche umiliata, a cui non basta rispecchiarsi nei capolavori del passato per consolarsi del presente, ma va alla ricerca di bussole e stelle polari per affrontare i marosi entro e fuori confine.
Inevitabile che, nell'anno del giubileo patriottico e nella città che più ne porta il segno, la fiera indossi i panni tricolori. Lo fa con una mostra che seleziona i centocinquanta libri d'Italia ritenuti significativi per il costume e il pensiero, una lista di editori distribuiti tra la mostra istituzionale e i 'fenomeni editoriali' (tra i 'fenomeni' anche Il Mulino e Garzanti, poco entusiasti della curiosa collocazione 'fenomenale') e quindici 'totem', ossia le icone irirnunciabili, un elenco di superlibri, che comincia con Le confessioni di Nievo e si chiude con Gomorra. Un canone discutibile (e che sarà infatti discusso all'interno del Salone). [...]
Ma allora perché l'italianità è declinata con infelicità, smarrimento, indignazione? A spiegarcelo, in un altro angolo del Salone, è il Forum del libro, un'associazione che raccoglie librai e bibliotecari, editori e insegnanti, e tutti quei 'pazzi malinconici' che si affannano con i tubicini dell'ossigeno intorno al capezzale della lettura. E' Giovanni Solimine a ricordarci che il nostro mercato editoriale è un colosso dai piedi di argilla, la cui base è fondata su pochi editori e pochissimi lettori. E che il 70% degli italiani non riesce a comprendere fino in fondo il significato di un semplice testo. Da qui l'idea di una legge di inziiativa popolare, frutto di un'elaborazione collettiva, che coinvolga le amministrazioni locali e centrali, le città e le scuole, i grandi media nazionali e le biblioteche civiche, per la definizione di un pluriennale piano di promozione della lettura. Riusciremo a liberarci della palma europea di non leggenti (primato condiviso con pochi altri)?
La politica nel significato di polis continua a essere la cifra della Fiera, oggi ancora più prevalente di prima. 'La politica nel senso di buona politica', dice Ernesto Ferrero, fedele al dna einaudiano delle origini anche in questo suo tredicesimo Salone. La saggistica civile appare il genere più rappresentato, e anche la letteratura - da Cercas a Xiaolong, da Sepulveda a Tabucchi - plasma sull'evo contemporaneo gli impervi sentieri della letterarietà. 'La domanda che più frequentemente ricorre è: ma noi cosa possiamo fare?', riferisce Ferrero. [...]" (da Simonetta Fiori, L'Italia che legge. Dalla politica all'economia, ecco il Salone dei saggi, "La Repubblica", 11/05/'11)

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