venerdì 24 settembre 2010

Save the Story


"Proviamo a immaginare Camilleri che per le strade di San Pietroburgo insegue il Naso inventato da Gogol. O Umberto Eco alle prese con Manzoni, «un nobile milanese con la faccia buona da cavallo un poco triste». Ed ancora Yehoshua esploratore dei dilemmi di Raskolnikov. O Stefano Benni calato nei panni di Cyrano. Proviamo a immaginarli, soprattutto, mentre raccontano queste storie ai loro nipoti. Da questa idea è nata la nuova collana Save the story, un'opera di "salvataggio culturale" secondo la definizione di Alessandro Baricco, ideatore della serie editoriale. «Ci sono delle storie che vengono dal passato e costituiscono un patrimonio collettivo. Come evitare di perderle? In redazione, alla scuola Holden, abbiamo pensato di farle raccontare ad alcune tra le voci più importanti della letteratura internazionale. Con una regola: la singola storia, se narrata oralmente, non deve durare più di un'ora. Soltanto così si riesce a catturare l'attenzione dei lettori dai cinque ai dodici anni d'età. E anche per i genitori e per i nonni sarà più facile leggerle ai bambini».
Storie scritte per essere lette a voce alta? « L' aspetto dell'oralità è essenziale. Abbiamo chiesto ai nostri autori di scrivere periodi brevi, frasi leggibili, dialoghi dotati di ritmo. Anche i capitoletti non devono superare i cinque minuti: questo per andare incontro alla testa dei più piccoli, evitando che s'accascino nel bel mezzo della lettura. Noi cerchiamo di salvare le storie, non le opere da cui sono tratte, nella speranza che i bambini una volta cresciuti vadano a scoprire gli originali».
La voce originaria scompare? «Sì, non potrebbe essere altrimenti. Come fai a leggere Moby Dick a un bambino? Soltanto in rari casi viene recuperata: Stefano Benni ha scelto di tradurre alcuni versi presenti nel testo di Rostand. Ma generalmente ogni autore reinterpreta alla sua maniera il romanzo di partenza, valorizzando alcuni aspettio trascurandone degli altri. Come quando a tavola si narra una storia al proprio figlio. "Com'è andata tra Achille ed Ettore?". E ognuno di noi la racconta come la ricorda. La mia richiesta a Eco, Yehoshua e agli altri narratori è stata proprio questa: raccontate le vostre storie come le raccontereste a un figlio o a un nipote».
Non potendo proporre il capolavoro nella scrittura originale, si cerca di mantenere uno stile narrativo d'autore. «Dovendo rinunciare alla voce originaria, noi la sostituiamo non con una lingua standard, ma con un'altra voce autorevole, forte, ben strutturata, coerente. Salviamo la storia e la porgiamo abbinata al piacere di ascoltare un narratore vero. Grazie alla Tv, internet, i videogiochi,i ragazzini conoscono già le trame. Con questi libri hanno la possibilità di ascoltare un modo di raccontare che fa parte della nostra civiltà dello scrivere».
Com'è nato l'abbinamento tra classico e contemporaneo? «In alcuni casi abbiamo spinto noi: I Promessi Sposi potevano essere raccontati soltanto da Eco, insolito incrocio tra accademia e letteratura. Così il Cyrano de Bergerac ci sembrava un testo ideale per Benni. In altri casi abbiamo proposto una lista di storie, invitando a scegliere quelle più congeniali. Non è un caso che un autore come Yehoshua sensibile al tema morale abbia scelto Delitto e castigo, e l' ironia di Camilleri si sia concentrata su Il naso di Gogol». Con quale criterio avete selezionato i titoli? «Abbiamo cercato storie adatte per i piccoli lettori, ma anche per gli adulti che abbiano curiosità. La scommessa è quella di costruire dei racconti che i bambini possano ascoltare con piacere, un po' come con Shrek o Avatar: sono prodotti fatti a strati, come le torte. Ognuno trova il proprio strato».
Lei ha scelto il Don Giovanni: nel suo racconto prevale la corda comica, anche se non manca l'epilogo moraleggiante. «La sua storia contiene un risvolto tragico, una sorta di sedimento morale che comunque ho voluto mantenere. I bambini amano portarsi a casa un insegnamento, abituati dalle fiabe ma anche da Walt Disney. Così in tutti questi libri c'è un capitolo conclusivo che restituisce il senso della storia. Tecnicamente ho attinto da Lorenzo da Ponte e da Molière, ma la mia è stata un' operazione istintiva, che tende a fare del Don Giovanni un paladino medioevale, un eroe western, in sostanza uno sfrontato cavaliere con una voglia di vita irrefrenabile: esattamente come il bambino a cui è rivolto»." (da Simonetta Fiori, Riscrivere i capolavori. Baricco: da Manzoni a Gogol, salviamo queste storie, "La Repubblica", 24/09/'10)

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