martedì 14 settembre 2010

Per la filosofia è tempo di fortuna


"L’interesse pubblico per la filosofia è indubbiamente in crescita. Lo manifesta il successo che ha riscosso il Festival di Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, giunto alla sua decima edizione, con un Comitato scientifico presieduto da Remo Bodei, con Tullio Gregory e Marc Augé. Nel Festival, che non è un convegno, non ci sono solo le lezioni magistrali ma molti altri eventi. Come sempre, non ci saranno solo filosofi come Massimo Cacciari, Sergio Givone, Tullio Gregory, Jean-Luc Nancy, Emanuele Severino. Ci saranno anche teologi come Enzo Bianchi, Piero Coda, Jürgen Moltmann, giuristi come Gustavo Zagrebelsky, e uomini di spettacolo come Paolo Villaggio e Alessandro Bergonzoni. E poi antropologi come Marc Augé, sociologi come Frank Furedi e Zygmunt Bauman, scienziati come il paleontologo Niles Eldredge.
Bodei, come spiega il crescente interesse?
«Certo l’interesse per la filosofia è aumentato. La filosofia è un antidoto contro il fast food dei mezzi di comunicazione di massa e fornisce qualche argomento dinanzi alla crisi delle ideologie, fa maturare interrogativi e forse propone anche qualche risposta intorno al destino di ciascuno di noi, che si profila alquanto incerto».
Il tema di quest’anno è la Fortuna.
«Ne va di questioni di grande significato per la vita: del caso, della necessità, del destino anche nei suoi risvolti biologici come la salute e la malattia. E’ in gioco la possibilità o l’impossibilità di prevedere il futuro, la fortuna e i suoi rovesci. Si assiste a questo proposito a rivoluzioni profonde nelle aspettative personali e nella configurazione dei mondi simbolici. Si tratta di ricerche preoccupate nelle quali si riversano talora aspettative che un tempo erano rivolte alla provvidenza».
Anche il Festival testimonia così l’esigenza diffusa di non avere a che fare solo con saperi specialistici ma anche con un sapere «complessivo», universale.
«E’ vero. Non a caso si è diffuso il turismo culturale. Che non va giudicato in modo snobistico. Rivela che tra le persone c’è fame di senso. E al Festival di Filosofia per altro non si danno pillole di sapere in pasto al volgo. Parafrasando la parabola evangelica del seminatore potremmo dire che qui vengono gettati dei semi, e alcuni cadono sulle pietre, altri vengono soffocati dai rovi, mentre altri ancora vanno su di un terreno fertile. Si può intrattenere un pubblico senza cadere nella banalità. Si cercano delle risposte serie a domande fondamentali come: che cosa devo fare? Che cosa è giusto? Che cosa è bello? E’ del resto un’esperienza che si radica nel profondo della nostra infanzia. Da bambini proponiamo ai genitori molti perché. Non ottenendo risposta da qui nasce una filosofia fatta in casa, che noi aiutiamo a collocare in un quadro più rigoroso e forse anche più produttivo».
Facciamo un lungo passo indietro e andiamo all’epoca dei suoi studi presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Qual è stata la sua formazione, il suo modo di accostarsi alla filosofia?
«Ho studiato alla Normale e ho avuto a Pisa professori di grande rilievo. Ma veramente importanti per me sono stati altri maestri, quelli di una generazione prima: sul piano filosofico Eric Weil, Norberto Bobbio e, fra gli storici, Arnaldo Momigliano. Ho avvertito in questi maestri la capacità di fornirmi i riferimenti per una cultura più solida. La storia poi ha da sempre costituito per me una sorta di antidoto nei confronti delle filosofie altisonanti. Naturalmente io non ritengo affatto che la filosofia costituisca un riflesso della realtà storica. Al contrario sono profondamente convinto dell’autonomia del pensiero filosofico. Non conta solo quello che un pensatore ha detto e in che contesto lo ha detto ma anche se quello che dice è vero. Le piccole filosofie rendono intellegibile il loro tempo; sono filosofie per così dire sintomatiche. Quella grandi sono indubbiamente anch’esse immerse nel loro tempo ma lo sovrastano. Platone, Aristotele, Spinoza, Hegel sono più attuali di molti pensatori attuali. La filosofia non è solo filia temporis, ma mette in gioco una logica particolare in cui non c’è una corrispondenza biunivoca tra il pensiero e l’epoca. Questo, fra l’altro, ci evita di cadere nella tentazione di formulare una storia criminale della filosofia per la quale le colpe personali di un pensatore ricadono anche sul suo pensiero. Con le opportune distinzioni, possiamo continuare a leggere e a studiare Heidegger per quanto sia stato nazista.
Poi ha trascorso molti anni all'estero ...
«Dopo la Scuola Normale ho trascorso dieci anni all’estero, sei di questi in Germania. Ho avvertito la necessità di trovare un legame con tradizioni diverse da quella italiana. La filosofia italiana con il Rinascimento ha attraversato momenti altissimi, ma alla lunga ha perduto il rigore dell’argomentazione. Al contrario i Paesi anglosassoni e la Spagna hanno mantenuto uno stretto legame con la logica argomentativa di stampo scolastico. La filosofia italiana non è stata in grado dal Seicento in poi di competere a livello internazionale sul piano della filosofia della scienza. Siamo stati invece innovativi nella filosofia della storia, nella filosofia della politica. La nostra è, in questo senso, una filosofia della ragione impura. Quantomeno a questo proposito mi sento figlio della filosofia italiana: laddove essa osa l’incontro con la vie sauvage, quando in altri termini vuole spiegare cose che secondo la logica rigorosa non hanno senso. Di tutto questo naturalmente c’è riscontro anche nei miei libri. Geometria delle passioni, Le logiche del delirio argomentano che tra ragione e passione, tra ragione e delirio non c’è un confine definitivo. Le passioni per altro non sono semplice caos. Si tratta di logiche anomale che non coincidono con quella di tipo aristotelico. A questo proposito mi sento di affermare: nec sine te, nec tecum. Né solo con la ragione né senza di essa. A me interessa l’idea di salvare i fenomeni apparentemente privi di interesse, abbandonati ai rovi dell’ignoranza, della trascuratezza o anche semplicemente lasciati alla considerazione esclusiva delle scienze sociali o della medicina. Ho voluto prendere in considerazione quei fenomeni in cui è deposto un senso implicito o in cui questo senso non è stato ancora sufficientemente sceverato. E’ in questo quadro che mi sono dedicato anche ai paradossi della temporalità. Per esempio a fenomeni come il déjà vu al quale ho dedicato un libro uscito da Il Mulino, Piramidi di tempo. Storie e teoria del déjà vu».
Quali sono i suoi progetti attuali?
«Ho appena terminato un libro sull’ira, la passione più studiata nell’antichità. Ho poi in mente un libro su come immaginiamo la vita altrui e su quale feedback questo possa avere sulle nostre vite. Ho poi intenzione, nel tempo medio-lungo, di scrivere anche un libro sugli automatismi del pensiero e del calcolo privo di immagini e uno sul rapporto servo/padrone, a partire da Hegel, imperniato sul perché gli uomini interiorizzano l’ubbidienza, ossia su uno dei temi centrali della filosofia politica»." (da Federico Vercellone, Per la filosofia è tempo di fortuna, "La Stampa", 11/09/'10)

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