sabato 18 settembre 2010

Contro la letteratura


"Tempo fa mi chiedevo: «Come mai, se la poesia è tanto presente nell’insegnamento scolastico, una volta terminati gli studi sono così pochi i suoi lettori?». E allora
mi veniva naturale una risposta: «La scuola educa troppo spesso, sia pure involontariamente, contro la poesia, riducendola a un oggetto scolastico, a un compito che fuori dalla scuola non avrebbe senso, come il problema dell’acqua che scende nella vasca da bagno o della rotazione di una figura piana. Chi, sano di mente, tornando a casa dal lavoro, penserebbe di autoassegnarsi un problema di quel genere?».
Davide Rondoni pubblica ora un pamphlet, Contro la letteratura (Il Saggiatore), che affronta il tema, considerando appunto l’uso improprio che i professori troppo spesso fanno della letteratura.
E allora scatena una provocazione, un paradosso estremo che, se assunto come tale, può diventare l’utile apertura di una riflessione necessaria e di un discorso nuovo.
Rondoni dice in sostanza che la poesia e la grande letteratura in genere dovrebbero essere sottratte dall’obbligo scolastico nelle superiori. Dice che solo lasciandole alla libertà di un insegnamento facoltativo potrebbe essere evitato un destino di indifferenza e oblio post-scolastico. Una provocazione, appunto, molto acuta.
Ma è chiaro che la questione è molto vasta, anche perché non so quale sia il livello della proposta scolastica per tutte le altre materie, per quanto di ben diversa natura ... Diciamo allora che il problema è essenzialmente quello della formazione di una classe docente più qualificata, essendo in effetti molto spesso ferma alle nozioni scolastiche, scarsamente motivata, mai aggiornata e dunque difficilmente in grado di coinvolgere attivamente gli studenti.
Rondoni affronta l’argomento con spirito reattivo e in uno stile «sincopato» e disinvolto (anche troppo ...). Parte dalla giusta convinzione che «la letteratura non è una materia da imparare a scuola, ma un’attitudine da non perdere per conoscere il mondo e se stessi». Il che non toglie, io penso, che la stessa scuola possa - o meglio debba - trasmettere, a tu per tu con i testi, questo messaggio.
Condanna quegli insegnanti che per raggiungere più facilmente l’attenzione e il consenso degli alunni accorciano la strada presentando come poesia dei semplici testi per canzone. Ed è questo un difetto grave presente anche nei manuali. Non poche volte è capitato anche a me, girando per la scuole, di litigare con professori convinti dei valori poetici della canzonetta. Come in ogni situazione professionale, del resto, nella scuola sono molti i professori bravissimi (tra l’altro non sono pochi gli scrittori-insegnanti; per fare qualche esempio: Lodoli, Mastrocola, i poeti De Angelis, Benedetti, Santagostini) e moltissimi sono quelli scadenti che portano danno, che hanno - direbbe Rondoni - gli occhi gelidi del «killer» di letteratura.
Quella che a mio parere manca è una fascia media decisiva di insegnanti quanto meno informati, preparati, capaci di trasmettere i valori di un testo senza tradurlo in quelle banali pillole di contenuto che ne riducono o azzerano la decisiva dimensione estetica. Quante volte abbiamo sentito una domanda tipo: «Che cosa voleva dire, qui, il poeta?». Il poeta voleva dire esattamente ciò che ha detto, ciò che sta nelle parole, nelle sillabe e negli spazi bianchi del testo ... Questa è la sola risposta ragionevole.
Quello che manca, in fondo, è l'insegnamento a un corretto e approfondito uso estetico del testo. Un utile contributo - ne parla anche Rondoni - potrebbero
dare scrittori e poeti chiamati al lavoro nelle scuole e nelle università, non solo occasionalmente, mainmodo organico, secondo un preciso piano istituzionale." (da Maurizio Cucchi, La poesia vive solo lontano dalla scuola, "TuttoLibri", "La Stampa", 18/09/'10)

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