martedì 21 luglio 2009

Zia Mame di Patrick Dennis


"Eccentrica, capricciosa, scialacquatrice, generosa, istriona, esibizionista, nemica dei luoghi comuni e della volgarità, l’irresistibile Mame Dennis attraversa le mode degli Anni Trenta e i rigori dei primi Anni Quaranta nella descrizione di un nipotino orfano che ella avvia all’anticonformismo, prima controllandolo a distanza, quando il bambino è in un collegio imposto dal suo tutore ufficiale, poi prendendolo direttamente sotto la sua ala. Le avventure di questo personaggio inventato da E. E. Tanner, scrittore irregolare che per l’occasione si diede come pseudonimo il nome del narratore, ebbero un tale successo quando uscirono in volume nel 1955 da rimanere nella lista dei bestseller per due anni e da essere subito adattate per il palcoscenico e per lo schermo, diventando il cavallo di battaglia di Rosalind Russell. La sequenza comincia col piccolo Patrick che perde il padre e così entra in contatto con la formidabile zia, e finisce molti anni dopo, con Patrick che come l’autore è stato in guerra e ha riportato ferite a Montecassino, si è sposato ed è diventato padre di un bambino sul quale l’insaziabile Mame orienta ora le sue mire. Nel frattempo abbiamo avuto una serie di episodi collegati dalla voce di Patrick, che per mettere ordine nella sue reminiscenze finge di seguire il profilo di un’altra zia proposta a esempio di virtù dal Reader’s Digest (molti ne ricorderanno la versione italiana, Selezione, un cui pezzo forte era il ritratto di un personaggio «indimenticabile»). Quanto agli episodi, la formula che si trova alla loro base è quella trionfalmente adottata da P. G. Wodehouse, vale a dire: a) creazione di un’Arcadia, ossia di un ambiente molto caratteristico, facilmente riconoscibile, e sottilmente irreale - lì l’Inghilterra edoardiana dei tè sul prato, degli house-parties nelle magioni di campagna e della season a Mayfair, qui di volta in volta la New York delle avanguardie artistiche tra le guerre, il Vecchio Sud con cacce alla volpe, mussole bianche e ventagli, il New England e la prosopopea dei ricchi yankees sostanzialmente razzisti; b) arrivo di una minaccia, e soluzione grazie all’intervento più o meno subdolo di un deus ex machina - lì Jeeves, qui, spesso, la zia. La zia Mame salva più volte il nipote, per esempio, da ragazze
inadatte con cui costui si è invischiato, come una puttanella (lì ci vuole un mezzo scandalo durante un ballo universitario), o come una debuttante ricca ma di famiglia presuntuosa, intollerante e cafona. Altre volte - non sempre a Mame riesce tutto, la sua forza consiste anche nel cadere e risollevarsi - è il nipote a salvare la zia, magari facendo in modo che il giovane letteratucolo di cui costei si è pericolosamente infatuata riveli la sua natura di libertino scappando con la segretaria di Mame, e poi inguaiandola. Altre volte ancora la catastrofe annunciata arriva inesorabile, e la sola salvezza consiste nella capacità dei superstiti di ridere di se stessi (sempre come me in Wodehouse, nessuno si fa mai male davvero): i sei tremendi bambini inglesi che Mame si è accollata come contributo di solidarietà durante la guerra continuano implacabili a devastare la casa, oltretuttonon sua, dove li ha collocati, in un inarrestabile crescendo di malefatte. Evocare come ho fatto Wodehouse è forse ingeneroso, l’autore inglese è troppo superiore all’epigono americano sia per nitore stilistico, sia per concisione. Trascinato dalla sua stessa verve, Dennis, chiamiamolo così, la tira per le lunghe, caricando le situazioni come per rinviare al massimo l’arrivo di una conclusione che dato il genere è sempre scontata. Intendiamoci, la sua ridondanza piace a tanti, vedi il sempre rinnovato successo di libro e derivazioni; e coinvolge il curatore Matteo Codignola fino all’emulazione, sia in una traduzione spregiudicata e brillante (ma a pag. 94 c’è una parola, «cracia», che non trovo nemmeno sul Grande Dizionario dell’Uso di De Mauro), sia in una postfazione con profilo dell’autore scritto alla maniera di Patrick Dennis che rischia di risultare, dopo tanti fuochi d’artificio e quando avremmo forse gradito qualche riflessione pacata, stucchevole." (da Masolino D'Amico, Cara Zia, salvami tu, "TuttoLibri", "La Stampa", 18/07/'09)

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