lunedì 20 luglio 2009

Faust a Copenaghen


"Questa è la storia di una generazione d'oro che ha cambiato la storia della scienza. Un gruppo geniale che ha scoperto il cuore dell'atomo ma anche i tormenti di Faust. Siamo a Copenaghen aprile 1932. Scena prima. In un'aula al pian terreno del Niels Bohr, il rinomato Centro di fisica teorica della capitale danese, una quarantina di scienziati partecipa all'annuale conferenza organizzata dal padrone di casa, Niels Bohr, per discutere i progressi che la loro disciplina ha compiuto negli ultimi dodici mesi. Al centro delle attenzioni, quell'anno, c'è l'imprevista scoperta del neutrone, appena annunciata a Londra da James Chadwick, ma anche i problemi ancora aperti della più straordinaria rivoluzione scientifica del Novecento: la meccanica quantistica. In prima fila dovrebbero sedere in sette, ma Wolfgang Pauli, uno dei protagonisti di quella rivoluzione ha deciso di prendersi una vacanza, e per una volta manca all'appuntamento. I sei sono: lo stesso Bohr, padre della nuova teoria atomica, e amatissimo mentore di intere generazioni di fisici; i giovani Werner Heisenberg e Paul Dirac, che ad appena trent'anni hanno già dato contributi decisivi alla disciplina, al punto che un anno più tardi saranno insigniti del Nobel; Max Delbruck, fisico che presto dedicherà le sue attenzioni alla biologia, vincendoil Nobel per la Medicina nel 1969; Lise Meitner, caparbia fisica sperimentale berlinese che sei anni più tardi spiegherà il fenomeno della fissione nucleare; e Paul Ehrenfest, ammirato soprattutto per le sue ineguagliabili capacità didattiche. Scena seconda. Al termine di una settimana di serrati dibattiti gli stessi protagonisti si accomodano in un'aula più spaziosa dove va in scena su copione di Delbruck, Faust a Copenaghen, una parodia della monumentale opera di Goethe, di cui ricorre prorpio quell'anno il centenario della morte. In quel testo, al vecchio Bohr è assegnato il ruolo di Dio, il caustico Pauli è Mefistofele, e il timido modesto Ehrenfest veste i panni di Faust. Nelle parole di Delbruck ci sono battute sagaci per tutti, sulla falsariga di un'ironia che solo i fisici teorici potrebbero apprezzare, e anche le figure più eminenti della meccanica quantistica vengono messe alla berlina senza sconti. Nessuno dei presenti sa che quello sarà l'ultimo dei seminari di Copenaghen in cui si godranno la felicità dell'età d'oro della fisica teorica. Pochi mesi più tardi Adolf Hitler salirà al potere in Germania (quattro dei sette seduti in prima fila hanno origini ebraiche) e presto la fisica tedesca - regina di quell'epoca - sarà messa al servizio dell'apparato bellico. E nessuno sa che il patto col diavolo che ha permesso a una banda di ragazzi poco più che ventenni di violare i segreti dell'atomo porterà alcuni di loro, di lì a poco, a lavorare a programmi per la più devastante arma mai costruita dall'uomo. Un simbolo delle difficoltà della scienza a restare neutrale rispetto alla politica. E' in quella settimana a Copenaghen che Gino Segrè - professore di fisica teorica all'Università della Pennsylvania e nipote di Emilio, fisico e Nobel che lavorò con Fermi - individua lo spartiacque tra due epoche della fisica e della storia. Ed è quella settimana che usa come pretesto per raccontare - nel suo libro intitolato proprio Faust a Copenaghen (Il Saggiatore) - non solo vent'anni che hanno cambiato per sempre la nostra comprensione della natura, ma anche la vita, la personalità e le passioni di coloro che ne furono i protagonisti. Già narrati da Abraham Pais nelle sue opere su Bohr (Il danese tranquillo) e su Einstein (Sottile è il signore), e da David Cassidy con Un'estrema solitudine (tutti e tre di Bollati Boringhieri), la biografia di Werner Heisenberg, i "trent'anni che sconvolsero la fisica" - per ricordare il bestseller di George Gamow, un altro dei geni che parteciparono all'impresa - sono una tappa obbligata della storia della scienza del Ventesimo secolo. Tanto che negli ultimi mesi sono usciti almeno altri due saggi che contribuiscono a ricostruirne le vicende. E che, come Faust a Copenaghen, hanno il pregio di riuscire a ripetere una storia già ben nota agli appassionati osservandola da una prospettiva nuova. In L'equazione dell'anima (Rizzoli), Arthur I. Miller si mette sulle tracce del bohémien Wolfgang Pauli tra congressi, scoperte eccezionali, e notti sfrenate, donne e alcol. Fino a inseguirlo nei momenti più intimi, quelli che difficilmente condivideva con i colleghi: le sue sedute nello studio di Carl Gustav Jung (vi fa cenno anche Segrè) per curare quella che riconobbe come "la mia nevrosi", prologo di una lunga frequentazione che avrebbe arricchito tanto l'erede di Freud quanto il fisico forse più dotato di quell'incredibile generazione. David Lindley, invece, in Incertezza (Einaudi), si concnetra sul monumentale punto di svolta segnato dall'intuizione di Heisenberg con il principio di indeterminazione. Dimostrando che nel mondo microscopico ci sono grandezze fisiche incompatibili - per cui se misuriamo con assoluta precisione la posizione di un elettrone non sapremo nulla della sua velocità, e viceversa - il giovanissimo fisico di Monaco (non aveva ancora compiuto ventisei anni) pose un limite intrinseco alla nostra possbilità di osservare la natura. Raccolse l'approvazione del suo maestro, Bohr, e scatenò la collera della massima autorità dell'epoca, Albert Einstein, che non si sarebbe mai arreso all'idea di una natura non deterministica. E forse anche in questo limite invalicabile ricompare lo spettro di quel patto col diavolo che aveva portato la Knabenphysik (la 'fisica dei ragazzini') a svelare i misteri dell'infinitamente picolo per scoprire che la natura, in un certo senso, si prende gioco di noi e degli strumenti che inventiamo per addomesticarla. Ma c'è molto di più della fisica, nel Faust di Gino Segrè. C'è l'avventura umana, perfino sentimentale, di uomini e donne che attraversavano l'Europa incerta tra le due guerre per condividere la comune passione per l'indagine scientifica. Ed è certo in questa missione compiuta in nome della conoscenza che - per dirla con Goethe - trovarono la loro redenzione." (da Marco Cattaneo, Quando la scienza si vende l'anima, "La Repubblica", 18/07/'09)

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