giovedì 16 luglio 2009

Sandro Veronesi: "Nisbet, quando il noir è letteratura"


"Caro Jim, ecco che si chiude un cerchio, diciannove anni dopo la sua apertura. E' stato infatti nella primavera del 1990 che, per uno di questi guizzi del destino ai quali devo gran parte dei miei incontri fondamentali, me ne sono partito da San Francisco col tuo Lethal Injection nella valigia e il tuo numero di telefono in tasca. Voglio dire: poteva benissimo non succedere. Potevo non pensare di chiedere consiglio a Heidi prima di partire, oppure potevo non riuscire a incontrarla prima della mia partenza visto che abitava sperduta in Umbria: in quel caso non avrei mai letto questo romanzo formidabile e quasi sicuramente non ti avrei mai nemmeno conosciuto. E invece è andata come è andata, e quando ho toccato per la prima volta il suolo della California, Jim Nisbet non era più l'ex fidanzato di una mia amica al quale chiedere assistenza durante il mio soggiorno a San Francisco, ma uno scrittore emozionante del genere più californiano di tutti, l'hard boiled, di cui all'epoca, sulla scia della mia giovinezza, ero ancora un appassionato (e dico 'ero ancora' perché adesso non lo sono più, soprattutto perché quel genere ormai sembra essere stato divorato dalle sue stesse varianti postmoderne, dai legal-thriller agli horror di varia matrice). Che impressione, caro Jim, mi fece allora questo romanzo. Che potenza, che fiducia nella scrittura, che splendido esempio di disperata ma coercibile Weltangschauung mi sarei perso, se non lo avessi letto ... Del resto, non eri mai stato tradotto in Italia. Il tuo primo romanzo, The damned not die, del 1981 non era ancora stato pubblicato, direttamente in edizione economica, nei Grandi tascabili Garzanti - cosa che sarebbe accaduta solo nel 1993. [...] Il cerchio che si è aperto diciannove anni fa, dunque, si chiude oggi con la pubblicazione in Italia di quell'Iniezione letale che Heidi mi aveva dato da leggere durante il volo che mi portava a conoscerti. Si chiude giustamente, con questa mia non so ancora se pre o postfazione all'edizione italiana. Chi altri doveva farla? Mi sarei offeso, caspita, se fosse stato chiamato qualcun altro. Anche se, caro Jim (e anche caro Sergio Fanucci che eroicamente continui a pubblicare Nisbet), sapete bene che un destino è un destino, e questo mio testo non servirà a molto. Non farà vendere di più e non cambierà ciò che non è mai cambiato fin qui. Lo sapete perché ho già accompagnato l'uscita in Italia di un tuo libro, Jim (era una postafzione), pubblicato da Fanucci: era Prima di un urlo, 2001, formidabile anch'esso - ma non mi risulta che sia successo niente di che. Com'era ovvio, intendiamoci, e ormai perfino giusto, sei rimasto e mi sa che rimarrai per sempre un genio-fantasma, amico mio, conosciuto e adorato da pochi - che però sono sparsi in tutto il mondo e messi insieme, alla fine, non sono più nemmeno pochi. Di questo tuo libro, del resto, Iniezione letale, non voglio dire molto. E' un libro che non lascia fiato per i commenti. Dirò che è perfetto, a suo modo, e che, nella sua edizione italiana è anche molto ben tradotto. Neanche una parola sulla storia, sui personaggi, anche perché noi sappiamo che non è soltanto storia e personaggi: è più che altro visione del mondo, appunto, struttura, scrittura, è più che altro te. E' ciò che ti rende così unico, in fondo anche tra i tuoi compari di genere: tu ci sei sempre, nelle tue storie, perchè la tua scrittura non è mimetica, e non è essenziale, asciutta, reticente - la tua scrittura ti trasporta attraverso la tua storia, anche se non scrivi mai in prima persona. E' questo che è veramente inimitabile di te, Jim; tu ci sei sempre, anche quando, altrettanto sempre, non ci sei. Detto in altre parole: ci sei sempre ma non sei mai tra i piedi. [...] Tu che scrivi, dunque, ti confessi scrittore dentro a un romanzo di genere, un hard-boiled tutto azione e perversione. Wow. Ci sono dei tuoi colleghi che si vergognano anche solo ad ammettere d'essere scrittori, e si nascondono di continuo, e teorizzano, perfino, spalleggiati da editor e critici fanatici, questo loro nascondimento come fosse stile, come fosse valore ... Invece tu che fai il falegname, e dunque avresti l'alibi, perché potresti ben dire 'Io? Io non c'entro, ero lì che paillavo', tu, Jim, non solo non ti vergogni di scrivere le tue storie, ma vi partecipi: lasci che l'eroe sia un po' meno eroico, e saggio, e spiritoso, e intelligente - lasci che sia più normale -, e ti prendi la responsabilità di essere tu eroico, saggio, spiritoso, intelligente. Perché tu - ne abbiamo parlato tanto, del resto, in quei posti dove mi portavi a North Beach, dove tutti ti conoscevano e ti davano pacche sulle spalle, e dove sembrava di esser entrati in una fottura macchina del tempo, tanto quel sole che era tramontato dappertutto ancora vi risplendeva - ami profondamnete la grande letteratura, ami Beckett e Kenzaburo Oe, ami Skvorecky e Dostoevskji. Ecco, di questo libro dirò solo questo: che è come se fosse stato scritto da uno di loro quattro - e invece l'hai scritto tu." (da Sandro Veronesi, Quando il noir è letteratura, "La Repubblica", 16/07/'09; dall'introduzione di Sandro Veronesi al libro di Jim Nisbet Iniezione letale, Fanucci)

1 commento:

Anonimo ha detto...
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