sabato 25 luglio 2009

Vacanze in casa Chagall


"Ringrazio il destino, per avermi condotto sulle rive del Mediterraneo». La riconoscenza di Moishe Shagal, alias Marc Chagall, non era affatto gratuita: il destino ha dovuto rincorrerlo sino ai quattro angoli del mondo, prima di portarlo a Saint-Paul de Vence, nel Sud della Francia. Qui è sepolto oggi, in un piccolo cimitero affacciato sulla riviera e immerso in quel verde unico al mondo i cui profumi, anche volendo, non li dimentichi più e c'è da giurarci che, ovunque sia adesso, lui li senta ancora. Chagall torna in Francia come «si riscopre una donna amata», per non lasciarla mai più. E' il 1946, arriva dall'America dove è approdato nel 1941 fuggendo dalla guerra e dalle persecuzioni naziste. Nel 1944 ha perso la sua amata Bella per un malanno apparentemente banale. Arriva a Parigi. Ma non solo. Già nel 1949, trascorre quattro mesi alla Tériade di St-Jean Cap Ferrat, dove dipinge con slancio, soprattutto acquerelli. Soprattutto un blu liquido, eppure caldo. E' il Mediterraneo che lo sta conquistando. L'anno successivo ha una casa tutta sua, un magnifico giardino, frutteti e sole: Chagall approda a Vence insieme a Virginia, la domestica badante divenuta nel frattempo amante. Il sogno della famigliola felice (Virginia ha una figlia sua e uno nato dal pittore. Ha anche più o meno l'età della primogenita di Chagall, Ida) s'infrange ben presto. Virginia lo lascia, ma il giorno stesso - nell'aprile del 1952 - arriva Vava. Chagall è così: non può fare a meno di avere una donna per casa. Vava Brodsky (lontana parente del poeta) lo accompagnerà fino alla fine, riportando in casa la mameloshen, la lingua «mamma», lo yiddish ma anche il russo e i suoi profumi di cucina.
E' con Vava, che a poco a poco s'impossessa di lui, lo avvolge di premure, protezione, dominazione e fors'anche di amore, che Chagall arriva a St-Paul de Vence, nel 1966. Qui resterà fino alla morte, il 28 marzo del 1985: è il luogo del mondo dove il pittore è rimasto più a lungo. Forse, la sua unica vera casa. St-Paul sta diventando una specie di ombelico, anzi di ventre materno, per i grandi artisti dell'epoca. Non lontano di qui abita Picasso, con cui Chagall ebbe sempre un rapporto conflittuale, di spietata competizione (non solo artistica: Picasso aveva riso della grossa sapendo che l'altro era stato scaricato dalla giovane compagna. Se non che, a meno di un anno di distanza gli era capitata la stessa cosa...).
«La Colline», com'è chiamata la casa di St-Paul, è più comoda perché lo studio del pittore sta al piano terra, ha soltanto due piani e Vava ci installa pure l'ascensore. C'e un magnifico giardino cintato e soprattutto c'è la prossimità con i coniugi Maeght, suoi agenti, custodi d'amicizia e di sostegno affettivo. E' qui a St-Paul de Vence che Chagall tornerà alla Bibbia, come se questo magnifico paese arroccato sulle colline, con il mare davanti e i profumi della Costa Azzurra dentro l'aria che respiri, lo potesse riportare a origini dimenticate, a rimpianti acquattati in fondo alla memoria, a ricordi remoti. Chagall ha più di ottant'anni, ma comincia a girare il mondo per dipingere vetrate strabilianti, volte immense, case di preghiera (ebraiche e cristiane, e quando lavorava dentro la fede non vuole farsi pagare): Israele, il Nord della Francia, l'America. Le vetrate, le chiama «la barriera trasparente fra il mio cuore e quello del mondo».
Ma torna sempre a St-Paul de Vence, che è diventato il luogo cui il pittore appartiene, non soltanto un posto dove il destino l'ha spedito per qualche tempo. St-Paul de Vence è come Vitebsk, l'una a un capo e l'altra a quello opposto della sua lunga vita. Vitebsk, dov'è nato nel 1887, resterà per sempre il luogo di nostalgie inguaribili, e la sua ispirazione mai se ne liberò anche se tanti anni dopo, ultranovantenne, Chagall tornerà in Russia per una breve visita ma non se la sentirà di rivedere la propria città. Ha buona ragione di temere che i propri ricordi facciano a pugni con il presente. La sua Vitebsk resta per sempre quella delle casette di legno, delle capre che pascolano per le vie sterrate. E che dipinge sempre e ovunque, in qualche angolo della tela, sullo sfondo, nei sogni che stanno dentro i suoi colori. Non lontano da St-Paul de Vence, a Cimiez che è una collina alle spalle di Nizza, sorgerà a poco a poco il museo dedicato a lui e al suo messaggio biblico, inaugurato il 7 luglio del 1973. Chagall è stato il primo artista di Francia ad avere un museo tutto suo, da vivo: «Prego quando dipingo», diceva in quegli ultimi tempi, quando qualcuno, dopo averlo conosciuto, lo definì un curioso miscuglio di Charlie Chaplin e Mefistofele. La Bibbia di Chagall è colori, narrazione, stupore, gioia e sgomento. E' strazio e ironia, è tante di quelle cose che bisogna guardarla: nelle litografie, negli schizzi, nelle strabilianti opere monumentali che ti si fermano davanti agli occhi e nel cuore e non vanno più via. L'arte è anche e soprattutto del cuore, oltre che della testa, diceva sempre.
St-Paul De Vence è il luogo dove Chagall si è fermato per sempre. Non gli si può dare torto. Tutto, qui, traspira serenità. I colori del paesaggio sembra che li abbia messi lui: il celeste del mare e quello lassù. Il verde intenso ma non aggressivo, i pastelli delle case e delle strade, le fioriture strabilianti. A «La Colline» Chagall trova una pace nuova, insieme a una lunga vecchiaia. Va spesso a mangiare a «La Colombe», una specie di trattoria che a poco a poco diventa un formidabile cenacolo e una galleria d'arte non meno eccezionale, perché anche i pittori mangiano, a «La Colombe» si mangia bene e a St-Paul ci sono quasi più pittori che piante di lavanda. Chagall cammina molto. Poi una sera, uscendo dall'ascensore al primo piano, dopo la giornata trascorsa come sempre in studio, sente un dolore al cuore. L'ultima sua passeggiata è verso il piccolo cimitero, dove ancora riposa, fedele alla sua St-Paul de Vence." (da Elena Loewenthal, In Costa Azzurra i colori del Paradiso, "TuttoLibri", "La Stampa", 24/07/'09)

Nessun commento: