mercoledì 2 luglio 2008

Edmund Husserl (1859 - 1938): la crisi delle scienze e i conflitti del pensiero


"Quando nel 1938 il filosofo Edmund Husserl morì aveva aveva settantanove anni. Per il nazismo, allora in pieno rigoglio ideologico, Husserl era stato uno dei tanti professori ebrei da mettere a tacere. Gli avevano tolto l'insegnamento, lo avevano isolato, insultato, compatito. Gli avevano perfino vietato l'accesso alla biblioteca dell'Università. E Husserl, ancora in vita, si sentiva un uomo sgomento, disorientato, tradito. Il suo più promettente allievo, quel Martin Heidegger sul quale aveva riposto le più accese speranze, non solo aveva imboccato filosoficamente un'altra strada, ma si era mescolato con la marmaglia nazista, ne aveva caldeggiato lo spirito, appoggiato con entusiasmo i destini, condiviso, fino a un certo punto la storia. Inaudito. Agli occhi di Husserl quella improvvisa virata era peggio di un colpo di pistola alla tempia. Era tutto quello che non si sarebbe aspettato da quel talento selvaggio che lo aveva già deluso, irritato, amareggiato con Essere e tempo. Già perché il giovane Martin nel 1927 pubblicò nello Jahrbuch husserliano l'opera con la quale riduceva alla consistenza del semolino la fenomenologia del venerato maestro. Eppure nel più perfetto spirito gesuitico, Heidegger aveva dedicato Essere e tempo a Husserl. [...] Il maestro aveva immaginato che la filosofia avrebbe potuto ambire alla scienza vera solo imbrigliando tutto quello che il caotico mondo della vita produceva: le idee spesso contradditorie, i valori contrastanti, i programmi confliggenti. Agli occhi di Husserl l'uomo - un'entità finita e mortale - era un impasto di contraddizioni, di velleità di passioni che poco o nulla avevano a che fare con l'idea di filosofia. Che fare, dunque? Egli propose di sospendere quel mondo, di metterlo tra parentesi. Più o meno ragionò così: facciamo finta che quella roba che accade sulla terra non sia mai accaduta, facciamo finta che tutto l'opinabile e il cangiante non esista e allora si comincerà a vedere la potenza dell'Io trascendentale. Ma si poteva sospendere il mondo della vita, compreso tutto quello che nel vecchio continente stava accadendo? Si poteva non tener conto dei terribili venti che si preparavano a soffiare? Circolava una brutta aria in giro per l'Europa. Le parole più ricorrenti erano: declino, crisi, tramonto. Paurae illibertà minacciavano i popoli. Oswald Spengler - ormai celebre più di un attore del cinema muto - aveva dato alle stampe tra il 1918 e il 1922 Tramonto dell'Occidente, che generò una copiosa letteratura sulla crisi spirituale e materiale del vecchio continente. Anche Husserl, il padre della fenomenologia, così assorto fino ad allora nelle sue microanalisi, incominciò a riflettere su ciò che stava accadendo. Il tema sarebbe stato al centro della sua ultima grande opera, rimasta incompiuta: La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. [...]" (da Antonio Gnoli e Franco Volpi, Edmund Husserl, la crisi delle scienze e i conflitti del pensiero, "La Repubblica", 02/07/'08)

Nessun commento: